lunedì, maggio 20, 2019

Ciò che inferno non è by Alessandro D'Avenia

Ciò che inferno non èCiò che inferno non è by Alessandro D'Avenia
My rating: 2 of 5 stars

Alessandro D’Avenia è uno scrittore che rientra nella categoria “da leggere tra i 15 e i 25 anni”, ovviamente secondo me. Ci sono autori che ho letto e che non rileggerei, da oggi in poi D’Avenia, alla sua terza prova e al terzo libro che leggo, passa di diritto negli intoccabili, tra quegli autori cioè, che non toccherò mai piú. Niente di personale, ma non sono affascinata dai suoi adolescenti meravigliosi, dalle loro storie pseudoprofonde, dai loro turbamenti nè mi interessa leggerne ancora. Sono tre libri sugli adolescenti e sono libri per adolescenti, nè più nè meno, così come i libri di Volo sono per coloro che a 30 anni ancora non sanno chi sono e se ancora sei confuso, e ne hai 40, ti butti su Coelho, è così che va la vita, quanto meno in libreria.
Stavolta il nostro autore, dottore in letteratura e insegnante di adolescenti, alza la mira e per fare il grande salto, oltre ai soliti ragazzini ci mette anche Don Pino Puglisi, che è stato suo insegnante, così narra la legenda. Don Pino è stato ucciso dalla mafia nel quartiere di Brancaccio dopo 3 anni che faceva il parroco del quartiere, ma Don Pino non è stato dimenticato e i suoi insegnamenti hanno generato frutti, così come la morte di Falcone e quella di Borsellino, peccato non siano abbastanza, perché ci sarebbero ancora molte molte cose da fare, ma torniamo al libro.
Don Pino è un insegnante di religione in uno dei licei classici della Palermo “bene” e più di una volta chiede ai suoi alunni di andare a dargli una mano in parrocchia, a giocare con i bambini, ma solo uno, Federico, raccoglie il suo appello e quello che trova una volta attraversato il passaggio a livello che delimita il quartiere, lo sconvolge.
A Brancaccio Federico conosce prima di tutto la violenza, quella improvvisa, imprevedibile, ma anche quella pensata, studiata a tavolino, attuata con cura, come l’omicidio del “parrino” che viene fatto credere un furto finito male, mentre la mafia rimette le mani sul quartiere, quel quartiere che un prete stava cercando di cambiare. Sono gli stessi anni delle stragi di mafia, prima Falcone, poi Borsellino e poi Rita Atria, forse la storia più terribile di tutte perché la solitudine di questa ragazza deve essere stata incommensurabile, come anche la follia della madre che prima la ripudia e poi distrugge la sua foto sulla lapide. Ma a Brancaccio Federico conosce anche l’amore, quello per Lucia, una ragazza diversa da quelle del suo solito giro, e quello per i bambini che ruotano intorno al parroco e che in qualche modo sono l’ultima speranza per cercare di rendere il quartire e poi la città e infine il mondo, migliore di come lo abbiamo trovato.
Non ci sono personaggi indimenticabili in questo libro, a parte Don Pino Puglisi, ma lui lo era già prima. Come giá detto, questi ragazzi raccontati da D’Avenia corrispondono perfettamente allo stereotipo dell’adolescente e per questo ai miei occhi, sono decisamente poco credibili; ad esempio gli scambi tra Federico e suo fratello Manfredi mi hanno fatto venire i brividi, e non in senso positivo. Quindi non posso dire che il libro mi sia piaciuto, ma ha sicuramente un intento pedagogico e farlo leggere alle scuole medie/superiori, potrebbe comunque essere utile, sempre che prima i ragazzi abbiano letto “Nel mare ci sono i coccodrilli” di Fabio Geda, che è molto più realistico.


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