Più voci amichevoli mi hanno detto che questo era un libro un po' particolare per superare il blocco del lettore (che la mia socia GB credo non abbia mai conosciuto e che invece per me è stato causa prima della recente latitanza da questi lidi).
Io ho una teoria differente. In caso di blocco qualunque libro ti chiami dallo scaffale è quello giusto, che sia il "Manuale di costruzione di un biplano nel tuo salotto" o la Bhagavadgita.
E "La speranza indiana" mi ha chiamato a voce alta. Sarà stata l'immagine di copertina (ho un debole per l'iconografia indiana) o il mio interesse spiccato per questo Stato cosi' contradditorio e antico, sta di fatto che magicamente, la mia pigrizia mentale si è diradata.
E a ragione.
Non sono un'economista, né purtroppo, molto ferrata sulla storia dell'India, ma il modo di scrivere di Rampini, di cui vi consiglio anche altre sue creature (Il secolo cinese, L'impero di Cindia, L'ombra di Mao) è quanto di più diretto e semplice si possa desiderare, per un testo che non è un romanzo, né un reportage in senso stretto, ma un mini-saggio.
Forse appena troppo entusiastico (ho compensato con un articolo di Arundhati Roy riportato dall'Internazionale, decisamente più pessimista), ma interessante e ricco di storie personali che chiarificano i concetti, "La speranza indiana" ti fa venire voglia di approfondire l'argomento e leggere tutto cio' che possa essere collegato alla evoluzione, veloce, ma non priva di anima né resa impersonale da un regime, della nazione indiana.
La nazione che, secondo le statistiche riportate nel libro, sarà in capo a qualche decennio, la più giovane e lanciata economicamente del mondo, anche perché è già la più ottimista.
Buona lettura!