martedì, febbraio 27, 2007

John Updike "Terrorista" Guanda

Questo libro, come già detto me l'ha regalato Teresa per il mio compleanno ed è stata una graditissima sorpresa, sia per il rischio che ha corso, sia per il fatto che di questo autore non avevo mai letto niente, e probabilmente d'ora in poi leggerò molto altro.

Il romanzo è ambientato ai giorni nostri in quest'amerika preoccupata, anzi terrorizzata dalle minoranze, dove nessuno si sente più sicuro e chiunque si distacchi dal prototipo WASP in qualche modo non ha la vita facile.

La storia è quella di un ragazzo di 18 anni di padre egiziano, andato a "comprare le sigarette" quando Ahmed aveva 3 anni, e di madre iralndese "fuori dagli schemi". In una famiglia atipica come questa, la fede islamica riveste per il protagonista i panni di un padre idealizzato e idolatrato, grazie anche al plagio indotto dall'imam della moschea.

Tutto secondo copione, viene da pensare, ma non è così, la trama si snoda coinvolgendo anche personaggi secondari, ma di grande impatto come Joryleen o Jack Levy. La prima è una ragazza che cerca di capire Ahmed, con il quale vive un amore sostanzialmente platonico, mentre il secondo, di origini ebraiche, è il consulente scolastico che per vari motivi si troverà sempre più coinvolto nelle vicende della famiglia Mulloy.
Le religioni hanno un'importanza latente, la madre cattolica, ma non praticante, il padre mussulmano ma scappato, il consulente di origini ebraiche ma ateo, tutte persone che hanno perso la fede., mentre Ahmed ha solo la fede, crede nel Dio più solo del mondo probabilmente, ma loro due si bastano.
Le religioni sono le colonne sonore di questo libro, un cattolicismo snaturato e ironico come solo un Dio irlandese potrebbe essere, un ebraismo dolente, che emerge prepotentemente paragonato al luteranesimo della moglie di Levy, un Islam intransigente e dominatore, che alla fine, forse, si addolcisce un pochino.
Tanti strati fanno un bel libro, esattamente come le millefoglie e anche se il romanzo, all'inizio, mi è sembrato lento, perchè Updike utilizza tante parole per descrivere le cose, le situazioni, gli ambienti ed i personaggi, il risultato è poi un quadro d'insieme dove risalta lo sfondo che diventa parte integrante del libro.

Credo sia questa la ragione per cui alcuni critici, più che sulla storia, si sono soffermati sul ritratto dell'america che emerge alle spalle del racconto, gli stessi stati uniti che Michael Moore dipinge in modo più sarcastico, ma altrettanto efficace.

Purtroppo l'impatto dell'11 settembre si sta rivelando, con il passare del tempo, sempre più massiccio e variegato, probabilmente da questa distanza ancora non ci è chiaro quanto sia lunga l'onda d'urto che n'è derivata; l'unica parola che mi viene in mente, comunque, è tsunami.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

neanche io ho mai letto niente di suo.
sembra interessante.

Gonza ha detto...

In effetti lo è, non tanto per quello che racconta, ma piuttosto per il contesto in cui lo inserisce, IMHO.
POi come sempre accade il libro è tipo un test proiettivo, ognuno ci vede quello che ci vuole vedere...
A presto, Gonzo