mercoledì, ottobre 31, 2007

Ennio Morricone - Roma, Auditorium

Una decina di anni fa, (per essere precisi quasi 9 esatti) andai a vedere il concerto del Maestro all' allora Auditorium di via della Conciliazione. Era un martedì, pioveva, era il suo compleanno e io piansi per quasi tutta la durata del concerto.
C'erano anche Branduardi e Dulce Puentes e.... insomma fu qualcosa di sensazionale, i suoi classici e la musica che scaldava il cuore. Ovvio che deve piacere, ma come fa a non piacerti? E non a caso ci fecero un disco.
Stavolta è stato diverso e non per la pioggia.
Già, perchè quando siamo arrivati all'auditorium avevamo appena vinto i 200 stile, io ero bagnata fino alle ossa e avevo in atto un principio di assideramento nonostante non facesse molto freddo (è tutto molto relativo quando porti addosso tre kg di stracci bagnati).
La prima parte del concerto, in quello che plasson definisce il ventre della balena mentre a me sembra piuttosto il dentro di una tartaruga ninja, non è stato come mi aspettavo.
Non posso dire fosse brutto, ma non stimo molto la musica contemporanea ed è stato come andare ad ascoltare i concerti brandeburghesi e trovarsi di fronte a Schönberg.
Niente di male, solo non ero preparata.
La cantata Voci dal silenzio, per esempio, dedicata a tutte le stragi della storia e scritta dopo l'11 settembre, è pesante, nel senso che rende proprio l'idea, ma non si può intendere come un Morricone classico, come lui stesso dice... questa è musica assoluta ed è diversa dalla musica applicata come chiama invece le sue colonne sonore.
Io voto per la musica applicata.
La seconda parte si chiamava invece Musiche per il cinema. Nelle prime due suite abbiamo ritrovato Bugsy e La Città Della Gioia, nella terza la prima assoluta di Sicilo e altri frammenti, prontamente rinominata "partitura per sassi e orchestra" e poi Mission e non aggiungo altro se non che è stata una di quelle situazioni in cui ho avuto la certezza dell'esistenza di Dio.
Non pago di tutto questo al primo bis ha anche fatto Sacco e Vanzetti, non cantava Joan Baez, ma andava benissimo comunque per farmi ricordare il mio mangiadischi verde pisello che lo suonava in continuazione quando ero piccola. (Questa è la mia canzone preferita in assoluto).
A quel punto ero ancora fradicia, congelata e con le articolazioni doloranti, ma andando a casa camminavo a tre metri da terra e non solo perchè stupendoboy mi aveva prestato il mantello, ma perchè i concerti di Morricone restano uno di quelle cose per le quali vale la pena vivere.
Here's to you Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph!

martedì, ottobre 30, 2007

Paolo Nutini - These Streets- recensore esterno Gonzotech

Avete presente quando qualche giorno, magari il lunedì mattina al lavoro, avete bisogno di qualcosa di allegro e spiritoso che vi tiri su?
Beh oggi m’è capitato e mi sono ricordato di una canzoncina ascoltata su MTV qualche giorno fa di un certo Paolo Nutini…
Mi sono detto: “quasi quasi vado a fare una ricerchina su youtube prima che mi arrivi un mega padulo dal manager!” e dopo poco “wow è questa!! New shoes!” ed ora, come al solito, il ritmo coinvolgente ed il video allegro mi ha tirato su il morale.
Swing piuttosto brit-soul e testo che dice “va bene così”, un po’ alla Kinsella, mi hanno sollevato e mi sono ritrovato a tenere il ritmo con il piede e la testa (non che sbatta la testa contro la scrivania o il pavimento… semplicemente faccio un po’ a destra, poi a sinistra tenendo il ritmo).
L’album, These Streets, ha una vena piuttosto differente rispetto a New shoes e Nutini sembra un artista promettente: vent’anni, scozzese, in appena due settimane dalla pubblicazione di Last Request, il suo primo e più conosciuto singolo, è arrivato al quinto posto nella classifica dei singoli in UK e l'album ha fatto ancora meglio, piazzandosi direttamente in terza posizione.
Insomma, alla Gonza Bassa non è piaciuta tanto (lei va sul metallo pesante), però ascoltatela… soprattutto se vi piace il rock-soul un po’ alla Ben Harper.

lunedì, ottobre 29, 2007

Freakonomics, Rampini e Internazionale

Come già detto, il mio secolare problema nella comprensione dell'economia e del modo migliore di guadagnare dei soldi mi spinge a cercare di capire il più possibile il mondo che mi circonda. Questa volta ho cominciato da Freakonomics, libro di Levitt e Dubner che utilizzano l'approccio eonomico per affrontare discorsi che di economico hanno proprio poco, per esempio: se lo spaccio renda molti soldi perchè gli spacciatori di crack (e non solo loro) vivono ancora a casa con la mamma, oppure quali sono le similitudini tra i meriti accademici ed i lottatori di sumo, o tra il successo sul lavoro e il nome che portate.
Dette così potrebbero sembrare un'accozzaglia di idiozie, ma non è affatto questo il caso.
Come anche ne L'economista mascherato, qui si arriva al cuore puro dell'economia, alle leggi che indicano inferenze statistiche che possono essere applicate, alla stregua di regole, al mondo reale non solo all'andamento monetario. Una su tutti: il crimine è sceso negli Stati Uniti circa una quindicina d'anni dopo che nel primo stato americano si permise l'aborto.
Fate attenzione comunque a non tacciare di razzismo un libro che mette in luce delle correlazioni statistiche solo perchè quello che emerge non vi piace. L'economia informa su come va il mondo, non su come noi vorremmo che funzionasse.
E riguardo a questo mi collego ai libri di Rampini, il cui contenuto, personalmente, mi ha spaventato, non solo per la completa assenza di democrazia e di tutela dei lavoratori da parte degli oligarchi cinesi, ma anche per la cecità e mancanza di intelligenza e lungimiranza del modo in cui, a partire da noi per finire agli stati uniti, molti dei paesi industrializzati stanno cercando di contrastare la crescita delle cosidette tigri asiatiche.
Credo che sia importante tenere sempre gli occhi aperti sul mondo piuttosto che sul nostro piccolo orticello e dopo questo tuffo nell'estremo oriente mi sono riproposta di leggere ogni venerdì l'Internazionale, affascinante settimanale con il meglio dalle testate di tutto il mondo, giusto per non perdere di vista il fatto che se siamo Roma, Lazio-Italia, siamo anche Europa e quindi mondo, e se il pazzo attacca anche l'Iran, non saranno problemi limitati a Baghdad neanche stavolta.
Dopo tutta questa immersione culturale mi è comunque chiaro che l'unico modo che ho io di mettere da parte dei soldi è di stare il più lontano possibile da qualsiasi tipo di libreria.

mercoledì, ottobre 24, 2007

Rachel's holiday - Marian Keyes - regalo gonzico

Excusatio non petita: probabilmente con questa recensione faro' impallidire la parte più raffinata ed intellettivamente sveglia dei lettori gonzici…(tutti scrivente esclusa quindi...), ma non posso e non voglio omettere di segnalarvi la mia ultima lettura.
Qualche giorno fa, a casa GonzaBassa adocchio in una pila enorme di tascabili pronti per la migrazione verso la magione in campagna, il Mio tascabile, quello che dopo avere letto diverse recensioni a riguardo e rimandato di libreria in libreria il suo acquisto, ("Si, sarà carino, ma dai…mi manca solo l'ombrellone e l'occhiale finto Gucci poi…") non mi ero ancora decisa a prendere, temendo fosse una versione irlandese dell'orrida Kinsella.
E me ne sono staccata ieri ringraziando il Cielo di essere in metro, perché quasi quasi ci spargevo anche qualche lacrima.
Intendiamoci, io sono un poco uterina recentemente e Rachel's holiday E' un chick flick, un libro per ragazze, facilone in molte parti e forse eccessivamente diluito.
Ma, a differenza di romanzetti dove la cosa fondamentale è la scarpa da abbinare al vestito, quante volte la protagonista si sollazza econ chi…questa novel ha qualcosa da dire e lo dice bene!
La storia è quella di Rachel Walsh (una delle sorelle su cui la Keyes costruisce diversi romanzi), una giovane irlandese a New York, che al principio del romanzo viene ricoverata di urgenza per una lavanda gastrica causata da "un'eccessiva quantità di sonniferi" misti ad altro.
Riportata a forza in Irlanda, "denunciata" dalla migliore amica e lasciata da Luke, il fidanzato, Rachel viene inserita dai genitori a Cloisters, una comunità terapeutica di Wicklow, che lei crede essere un trendissimo rehab center frequentato da celebrità e quindi una vacanza.
Ci vorrà tutto il libro, che parte faceto e via via si fa più serio (senza perdere un certo qual crudo umorismo irish), perché Rachel capisca di non essere affatto dove crede e realizzi di avere davvero "qualche " problema con la droga, traformando se stessa e rivedendo le sue relazioni.
Un libro che scorre velocissimo, magari un po' ripetitivo in alcuni passaggi, ma divertente. Non credo sia stato ancora tradotto e se lo è mi scuso, ma non ho capito da chi e come.
Se vi va di evadere o avete una qualsiasi dipendenza (anche dagli Smarties) è l'ideale.

lunedì, ottobre 22, 2007

La vostra ballerina gira in senso orario o antiorario?

Un piccolo test, di quelli che ci piacciono tanto QUI!!

giovedì, ottobre 18, 2007

To the one who knows: A Valediction: forbidding mourning
J. Donne

As virtuous men pass mildly away,
And whisper to their souls, to go,
Whilst some of their sad friends do say,
The breath goes now, and some say, no:

So let us melt, and make no noise,
No tear-floods, nor sigh-tempests move,
’Twere profanation of our joys
To tell the laity our love.

Moving of th'earth brings harms and fears,
Men reckon what it did and meant,
But trepidation of the spheres,
Though greater far, is innocent.

Dull sublunary lovers’ love
(Whose soul is sense) cannot admit
Absence, because it doth remove
Those things which elemented it.

But we by a love, so much refin’d,
that our selves know not what it is,
Inter-assurèd of the mind,
Care less, eyes, lips, and hands to miss.

Our two souls therefore, which are one,
Though I must go, endure not yet
A breach, but an expansion,
Like gold to aery thinness beat.

If they be two, they are two so
As stiff twin compasses are two,
Thy soul the fixed foot, makes no show
To move, but doth, if th’other do.

And though it in the center sit,
Yet when the other far doth roam,
It leans, and hearkens after it,
And grows erect, as that comes home.

Such wilt thou be to mee, who must
Like th’other foot obliquely run;
Thy firmness makes my circle just,
And makes me end, where I begun.

lunedì, ottobre 15, 2007

INFORMAZIONI:
- Oggi è il Blog Action Day, che prevede che i blogger appoggino una campagna di promozione e salvaguardia ambientale, le vostre gonze ovviamente non si tirano indietro e per scrivere due righe sull'ambiente ci limitiamo a sperare che bush non faccia troppi danni nel tempo che gli rimane, siamo entusiaste del nobel a Gore e soprattutto ci aspettiamo che la Cina, in previsione delle prossime Olimpiadi, si renda conto del disastro che sta combinando a cominciare dalle sue dighe.
In Italia in tanto sono state pubblicate le classifiche dell'ambiente urbano e sembra utile trasferirsi a Belluno o all'isola che non c'è. Unica buona notizia, oggi comincia la programmazione di Nat Geo Music, il canale che serviva ora c'è, peccato non avere sky.

- Sempre oggi è il nostro secondo bloggheanno, quindi ci facciamo gli auguri e ringraziamo tutti i lettori passati, presenti e futuri e i nostri vari recensori esterni. Con voi è tutto più bello!

domenica, ottobre 14, 2007

Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia e The Swingle Singers
Direttore Antonio Pappano - Rrecensore esterno YARI
Programma:
Luciano Berio (Oneglia, 1925 – Roma, 2003)
Sinfonia per otto voci e orchestra - 35’
Giacchino Rossini (Pesaro, 1792 – Passy (Parigi), 1868)
Stabat Mater per soli, coro e Orchestra – 1h e 10’

Emma Bell soprano
Sonia Ganassi mezzosoprano
Lawrence Brownlee tenore
Shen Yang basso
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia
Maestro del coro Norbert Balatsch
Direttore Antonio Pappano


Dentro la pancia della balena/astronave I
Insomma, per farla breve, è andata che ho trovato il modo di fare l’abbonamento, ad un prezzo ragionevole, all’intera stagione sinfonica dell’Accademia di S. Cecilia e, su gonzica richiesta, l’idea sarebbe quella di cercare di buttare giù qualche riga ad ogni appuntamento.
Non so fare premesse o quant’altro, quella è roba da chi se ne capisce davvero, io di tutto st’insieme di note ho capito solo una cosa, è assolutamente come con i libri e con il leggere, la stessa cosa, nessuno ti può costringere, niente ti ci può portare se tu non vuoi, è un viaggio che bisogna fare da soli fino ad affinarne una sorta di bisogno, è tutto legato a quello che arrivi a sentire: stringimenti di cuore, sentimenti e piccole felicità. E basta.
Si parte bene quest’anno, per l’inaugurazione è stato scelto uno di quei mix che piacciono tanto al direttore Antonio Pappano : la prima parte di programma è dedicata alla musica ‘moderna’ di Berio mentre la seconda parte si affida alla maestria di Rossini. Lo scopo è palese, forzare l’ascolto della prima, attraverso il richiamo della seconda.
Onestamente devo dire che io la musica classica ‘moderna’ non la amo particolarmente, il problema è tutto nelle basi, la musica è un linguaggio dai molti livelli e mentre della musica classica ‘classica’, lo so è fastidiosa sta cosa, ma non so dirlo meglio, possiedo elementi di grammatica derivanti dall’ascolto e da una qualche passata esperienza di pesudo-musicista, la musica classica ‘moderna’ che questa grammatica, tanto per cominciare, se l’è reinventata (d’altronde non poteva essere diversamente, visto che quando Berio scriveva sul pentagramma fuori era il 1968 con tutto quello che ne consegue), mi lascia come davanti ad una pagina scritta in ideogrammi…non so davvero da che parte iniziare.
Detto ciò, sarà forse perchè era un ciantafurche (nome degli abtanti di Oneglia) ma questa sera, devo ammettere, che la sinfonia di Berio dal terzo movimento in avanti mi è pure piaciuta, ma pensa te. Forse perché è, volutamente, riassuntivamente sperimentale nel senso che tenta nuove strade piegando vecchie forme a nuove dimensioni. Nel terzo movimento ad esempio, c’è un tema portante ripreso da Mahler che viene mostrato, nascosto, decomposto, masticato e poi rigurgitato in diversi modi. L’uso delle voci umane, considerate alla stregua di strumenti come gli altri, se pur stordente, ha in questo pezzo geniali intuizioni. Detto ciò, molto del mio giudizio positivo dipende dal fatto che mi aspettavo il peggio da questa parte. I Swingle Singers sono un’Ensamble fenomenale (odio le parole francesi ma come lo si dice in italiano un coro che non è un coro? E nemmeno un insieme di solisiti, ma una via di mezzo???) estrazione jazz, purezza di timbro e precisione nei tempi micidiale, bravissimi.
Ci sarebbero mille altre cose da raccontare, di come, ad esempio, il secondo movimento derivi dalla scomposizione del nome di Martin Luther King e di come impazzino sino quasi a sembrare un rap ante litteram le citazioni del grande antropologo Levi-Strauss…ci rinuncio e vado avanti.
Giuro, dello Stabat Mater ho capito che mi sarebbe piaciuto dalle prime 10 battute. Il genio è già tutto lì, come spesso accade, in quella formula magica che ti prende dal tuo secolo, dai tuoi casini, dalle tue sciocchezze e ti sbatte ai piedi di una croce a veder morire tuo figlio con gli occhi di Maria.
Emma Bell è bellissima nel suo vestito bianco ed è anche davvero brava, sarebbe da invitare a cena solo per sentirla leggere il menù, degli uomini ho preferito il basso al tenore (ma mi accade spesso a meno che i tenori non siano davvero bravi) mentre per quanto riguarda Sonia Ganassi il timbro la relega , quasi sempre, ad un ruolo di piano inferiore rispetto ai soprani, che forse non meriterebbe.
Non mi soffermo sulla partitura è bellissima e se uno ha un minimo di curiosità per queste cose io penso che sia da ascoltare subito. Dirò solo che il finale in fuga mi è piaciuto tantissimo, ma con le fughe mi si frega sempre e quindi non faccio testo. Vorrei essere in grado di dire come è stata eseguita, ma so già che non ci riuscirò, hanno suonato in modo emozionante. L’anno scorso avevo notato che Pappano faceva rendere al meglio l’orchestra soprattutto nelle parti veloci e ritmate (Mozart, Chaikovski ecc ecc) ma non incantava nelle parti piene di colori e di temperature diverse forse per paura di abbandonarsi ad un lirismo fuori luogo. Oggi invece è stato proprio nelle parti recitate o quasi sussurrate il punto di forza dell’esecuzione, nell’attenzione, nella sottile delicatezza delle scelte di punteggiatura che hanno fatto rendere al meglio qualcosa di suo, già molto vicino alla perfezione. In sostanza è come se l’orchestra fosse migliorata durante questa pausa estiva e l’avesse voluto dimostrare subito ai blocchi di partenza della stagione. Il coro, come sempre, è come un solista a cui esce l’assolo, come un ciclista che vince una tappa in solitaria, degno di nota e di un applauso speciale.
Le cose vanno coltivate, quando piacciono, quando danno se non felicità, almeno emozioni. So che la musica classica non viene solitamente associata ad emozioni diverse da quelle che portano dritto per dritto al sonno, ma io, per quanto vale, garantisco una cosa, è il caso di dargli una possibilità, perché se poi per fortuna si capita in poltrona, in una giornata come questa, è facile che se ne voglia ancora, sino a non smettere più.

sabato, ottobre 13, 2007

Amelie Nothomb "Ni d'Eve ni d'Adam"
Oh Amelie, leggerei anche la tua lista della spesa, figurarsi un'altra delle tue autobiografie!!!
A differenza della gonza alta che la detesta per via dei suoi cappelli, io amo questa donna belga che ogni due/tre anni ci racconta parte della sua vita da figlia da diplomatico in giro per il mondo.
All'inizio fu la Biografia della fame, poi Sabotaggio d'amore e Stupori e tremori. Questo nuovo libro anticipa di qualche mese proprio le vicende narrate in Stupori e tremori, per poi affincarlo e superarlo.
La nostra eroina è tornata in Giappone per perfezionare la lingua e per pagarsi gli studi impartisce ripetizioni di francese ad un ragazzo di buona famiglia, la cui appartenenza alla Yakuza non è funzionale al proseguio del racconto, di un anno più giovane di lei.
Attraverso le sue parole, forse per la prima volta, nonostante gli anni passati davanti a cartoni animati e manga, si percepisce la nettissima differenza tra gli occidentali e i giapponesi, per quanto M.me Nothomb, di occidentale non ha moltissimo.
La delicatezza dei gesti di Rinri illumina a giorno la nettissima separazione tra la logica orientale e la nostra, non una parola in più nè una di meno, l'incontro dei due alla presentazione del libro vale più di un centinaio di scene d'amore di Sex and the city, per non parlare delle non scene di sesso la cui intentensità si può cogliere in trasparenza.
Insomma, se non fosse sufficientemente chiaro il libro mi è piaciuto tantissimo e ve lo consiglio, anche solo per entrare a fare parte di un mondo parallelo in cui il messaggio che non viene verbalizzato è molte volte più chiaro di quello espresso a parole.

giovedì, ottobre 11, 2007

A. Alesina, F. Giavazzi “Il liberismo è di sinistra” Il saggiatore, 12.00€
Se vi ricordate, prima dell’otto settembre, giorno della nascita di mio nipote tra l’altro, avevamo sul blog il banner del V-Day e siamo anche andate a firmare. Solo che…. solo che ripensandoci posso essere d’accordo sul liberare alcune poltrone da condannati in via definitiva, ma se poi capitasse come in Belgio, dove vige la legge del non più di due legislature e salissero al potere le casalinghe che non sanno come funziona un paese mandandolo allo sbaraglio?
Riflettendo su questi massimi sistemi mi sono convinta una volta di più di quanto sia necessaria una certa “cultura politica”, piuttosto che un nichilismo giustizialista e ho deciso di comprarmi questo libro, il cui titolo era già per me poco comprensibile.
Avevo sempre saputo che il liberismo, e cito da Wikipedia, ovviamente, fosse: “una teoria economica che prevede la libera iniziativa e il libero commercio (abolizione dei dazi) mentre l'intervento dello stato nell'economia si limita al massimo alla costruzione di adeguate infrastrutture (strade, ferrovie ecc.) che possano favorire il commercio. Il liberismo è considerato da molti come l'applicazione in ambito economico delle idee liberali, sulla base del concetto "democrazia vuol dire libertà economica" coniato da Friedrich von Hayek. I filosofi del diritto di orientamento liberista, come ad esempio Bruno Leoni, si considerano in antitesi con il pensiero del filosofo del diritto Hans Kelsen, che definiscono "statalista".
La lingua italiana pone una distinzione tra liberalismo e liberismo: mentre il primo è una teorizzazione politica, il secondo è una dottrina economica che teorizza il disimpegno dello Stato dall'economia: perciò un'economia liberista pura è un'economia di mercato non temperata da interventi esterni.
La lingua francese parla di libéralisme politique e libéralisme économique (quest'ultimo chiamato anche laissez-faire, lett. lasciate fare), lo spagnolo di liberalismo social e liberalismo económico. La lingua inglese parla di free trade (libero commercio) ma usa il termine liberalism anche per riferirsi al liberismo economico. Neo-liberalism (in italiano neoliberismo) è il termine usato per indicare una dottrina iper-liberista di destra sostenuta tra gli altri da Margaret Tatcher e Ronald Regan. Sebbene i neoliberisti si proclamino talvolta i veri eredi del liberalismo classico molti hanno contestato questa pretesa e ritengono che i neoliberisti possano piuttosto essere collocati tra i conservatori (al Partito Conservatore Inglese apparteneva infatti la Thatcher).
Passando al libro, i due autori, editorialisti del Corriere della Sera uno e del Sole 24 ore l’altro – giusto per darvi un certo background – fanno una serie di esempi concreti per spiegare perché un libero mercato con regole trasparenti sia più favorevole al “cittadino” e sposti l’ago della bilancia dal censo alla meritocrazia, tamponando con il welfare le situazioni di coloro che sonno sfavoriti da entrambi i punti di vista.
Agli occhi degli autori, la meritocrazia viene attualmente osteggiata sia dalla destra che dalla sinistra, ma è l’unica visione realmente “di sinistra” , intendendo con “di sinistra” i valori come l’equità dei diritti, le pari opportunità e i criteri di merito. In Italia, sia nel passato prossimo che remoto, oltre che attualmente, il potere dei sindacati, che sembra siano tenuti in piedi da lobby di lavoratori a tempo indeterminato quasi in pensione e pensionati, impediscono i licenziamenti per giusta causa in nome di una tutela che aiuta chi non se lo merita a scapito delle aziende e dei lavoratori non assunti che potrebbero prenderne il posto.
Se ridurre la spesa pubblica permetterebbe una ridistribuzione delle risorse e allo stato converrebbe disfarsi di parte di un mastodontico apparato burocratico, specialmente nel mezzogiorno dove la percentuale degli impiegati statali “pro-capite” è più alto, questo non è permesso con la scusa di tutelare i lavoratori i cui incentivi salariali sono in costante aumento da 25 anni e vengono attribuiti per anzianità e non per merito.
Le liberalizzazioni di Bersani sembrano, agli occhi degli autori, l’unica riforma degna di essere ricordata di questo attuale governo Prodi, anche se fortemente osteggiate da un lato e dall’altro, e qui si vede come il vero liberismo abbia il potere bipartizan di infastidire il “politico”, forse perché tra tutte è stata una delle pochissime riforme che è andata ad ostacolare il potere delle lobby e ad ottenere anche una parziale vittoria. Parziale proprio perché pur scomodando le lobby dei farmacisti, notai e altri liberi professionisti, non ha intaccato il potere statalista di alcune aziende come i trasporti.
Le liberalizzazioni sono cruciali sia per le innovazioni che per la crescita, ma in questo paese si salvano Fiat e Alitalia e si lasciano affondare le università, in base a non si capisce bene quale tipo di produttività…
Questo è quanto ho capito io del libro e so per certo di non avere la cultura per discuterne in modo approfondito, quello che però mi rimane è una sensazione strana rispetto a quelle cose che gli autori dichiarano appartenere alla cultura “di sinistra”, presentata come buona bella e preoccupata degli altri; non mi risulta che sia una prerogativa strettamente sinistroide, anche se mi piacerebbe, mi sembra che ci stiamo scordando di una parte della destra sociale per esempio e che stiamo includendo invece alcuni partiti di sinistra che di meritocrazia non vogliono proprio sentire parlare….Mi sembrava un po’ quando Celentano si metteva a dire che certe cose erano rock e altre nò….mah….
Qualunque sia la vostra “parte” e comunque la pensiate, è importante secondo me cercare di capire e sforzarsi di conoscere prima di scegliere da che parte stare, l’unica cosa che sappiamo con certezza è che non sarà un vaffa a salvarci, ma soltanto a pararci, perché è più facile fare critiche distruttive che costruttive, oltre che più populista, specialmente se si alza molto la voce e ci si atteggia a martire mediatico. Ritengo che ci siano altri modi per esprimere il proprio dissenso, almeno per ora e per fortuna, riguardo ad argomenti di cultura politica.
In tutto questo bailamme di definizioni e prese di posizione più o meno ponderate e mantenute, vi consiglio di fare un giro sul sito di Società Libera, associazione culturale il cui scopo è quello di fare cultura politica senza schierarsi. Tra i suoi contributi più interessanti vi segnalo il ciclo di lecture gratuite così come i convegni e la newsletter quindicinale con segnalazioni di recenti articoli e libri su questi argomenti.

mercoledì, ottobre 10, 2007

Vittorio Sermonti e l'Eneide - Rizzoli, 24.00 €
Ieri sera con Plasson siamo andati a vedere la prima parte dell' 8° canto dell'Eneide recitata da Vittorio Sermonti e devo dire che è stata un'esperienza decisamente piacevole, che andrà ripetuta quanto prima, nonostante questo canto sia un po' noioso, anzi, come dice il grande saggio, "diplomatico".
Grazie al comune di Roma, sono già due settimane che nell'esedra dei musei capitolini, davanti alla statua equestre di Marco Aurelio e di fianco alla lupa, il professore accompagna i primi cento fortunati che si mettono in coda nel viaggio intrapreso dal figlio di Anchise dal rogo di Troia alle sponde del Tevere. Viaggio allegorico ma non so dirvi altro ovviamente, potrete trovare quest'informazione e molte altre sulla rilettura "moderna" dell'Eneinde proprio di Sermonti uscita da poco per Rizzoli di cui vi allego la quarta di copertina:

Enea, pastore di popoli e fondatore di città, piange sulle sofferenze che infligge e sugli orrori cui è costretto a presenziare. La regina Didone è una Medea in lacrime che da Enea, amante fedifrago, vorrebbe aver avuto almeno un bambino ("quasi una Medea musicata da Puccini"). Il giovane re dei Rùtuli, Turno, ha il feroce candore di una vergine, e "turbato d'amore" per Lavinia vorrebbe sfondare la corazza di quella "checca di Frigia" (cioè Enea). Lavinia arrossisce e si dispera, ma noi non sappiamo cosa passa davvero nella sua testa di ragazza spaurita, mentre capiamo benissimo che è sua madre a essere perdutamente innamorata di Turno, genero in pectore. E Giunone, nemica giurata di Enea, senza rendersene conto fornisce al dottor Freud una stupenda epigrafe per l'Interpretazione dei sogni: "se non posso piegare i Celesti, mobiliterò l'Acheronte". Sullo sfondo, il senso di un Fato inappellabile, e la pulsione primaria degli uomini ad ammazzarsi fra loro. Perché leggere oggi l'Eneide di Virgilio, con la guida e nella nuova traduzione di Vittorio Sermonti? Perché è "attuale"? Sì, ma nel senso che "la percezione del tempo presente e della sua velata fatalità non è mai così lancinante, come quando ascoltiamo le parole, la musica, le favole dei grandi classici". E soprattutto perché continua Sermonti se "la poesia, la grande poesia, è, allo stesso tempo, misteriosa e domestica, misteriosamente domestica, come la conversazione dei grandi che i bambini ascoltano giocando sul tappeto", forse non esiste nulla al mondo che renda il timbro inconfondibile, l'emozione assoluta della poesia come l'Eneide.
Sermonti intervalla la recitazione in italiano ad alcune frasi latine in metrica, la cui musicalità è evidente anche ad un orecchio profano come il mio, insomma una poesia con la musica di parole.
L'ultimo canto sarà sabato 20 ottobre, quindi affrettatevi!

lunedì, ottobre 08, 2007

The Simpson...

La gonza bassa, di cui una foto versione zimpzon, adora i personaggi gialli di Groening. Il film però non è stato un granchè IMHO, se escludiamo lo sketch di Spider Pork che rimarra negli annali della storia.
Ci tengo quindi a farvi conoscere un paio di siti che potrebbero gustarvi: questo vi permetterà di vedervi "alla simpson", quindi gialli e con quattro dita, mentre quest'altro vi permetterà di conoscere il mondo del nuovo e più amato supereroe dei nostri giorni. Enjoy.

giovedì, ottobre 04, 2007

Torino - Police
Questo fine settimana si sposava il testimonzo, quindi il nostro mitico viaggio in trasferta nel paese dei gianduiotti è partito da sabato sera (e comunque sì, ho fatto in tempo a vedere i quattro pappini che ci ha rifilato l'inter e la nazionale di rugby che perdeva per poco....).
Con queste poco allettanti premesse abbiamo preso il nostro primo vagone letto per due... e devo dire che d'ora in poi cercheremo di effettuare ogni traversata notturna in quel modo: cabina con letto a castello, lavandino in camera e soprattutto un sonno che ci ha permesso di affrontare la domenica senza essere troppo stravolti.
Arrivati a Torino scopriamo subito due cose meravigliose, la prima è che per via delle giornate dell'ambiente il museo egizio non costava nulla e quindi ce lo siamo sparato appena arrivati assieme alla galleria sabauda e, per la cronaca, il nuovo allestimento è spettacolare.
La seconda ottima notizia riguardava invece la manifestazione "Portici di carta". Per chi non lo sapesse, Torino è piena di portici....il gonzorte era disperato.
Domenica sera purtroppo il toro ha perso all'ultimo minuto con la giuve e questo ha guastato un pochino l'ottima giornata, ma tant'è, mica possiamo essere gli unici ad essere sfortunati...
Lunedi' di contemplazione passata ad aspettare il concerto e visitare nipotine nuove -non perchè siano le mie ma sono veramente carine!- più libro nuovo di Amelie Nothomb in lingua. A Torino i libri francesi costano meno, forse perchè la Francia è più vicina?
Martedì passato a scorrazzare tra esposizioni e palazzi grazie alla mitica carta musei che ci ha dato l'accesso a Palazzo Madama e al Palazzo Reale oltre che alla mostra sull'Afghanistan, molto interessante. Nel pomeriggio, in quanto giornata della pace, abbiamo anche visto uno spettacolo di tre persone appese ad una corda che pendeva da un grattacielo, volteggianti in Piazza Castello, mgari era un'allegoria e non l'abbiamo capita.....
La sera, finalmente, Stadio delle Alpi, comprato dalla giuve e non ancora tornellato, praticamente uno stadio allo sbando e sporchissimo...
Apre un gruppo ensemble di Taranta con alla voce raiz ex-Almamegretta, meraviglioso! Non avendolo saputo questa è stata una grande bella sorpresa, grazie Copeland che a tempo perso ti occupi anche di taranta.
A seguire il gruppo del figlio di Sting (bello pure lui, a riprova che la genetica in certi casi non è un'opinione) e cioè i Fiction Plane, che assomigliano un po' ai police prima maniera con un tuffo nel grunge, niente di indimenticabile comunque.
E poi...arrivano loro, che vevo 15 anni e il fratello della mia compagna di classe mi copiava le cassette e imparavo il significato di bootleg, lo stesso fratello che era anche a Parigi e stava li' quella sera.
Arrivano i Police che pensavo non avrei mai visto e che per per comprarmi il libro con gli spartiti avevo sostenuto con mia madre la tesi che mi servivano per imparare l'inglese; quelli per cui ho usato il mio primo "stipendio" di baby sitter tanti anni fa per comprare "Message in a box", 6 cd con l'opera omnia in edizione numerata.
I Police, che potrei fare follie per qualcuno che mi dice che "Mais non pouvons faire ce que nous voulons, J’aurais toujours faim de toi".
I Police.
A Roxanne mi sono commossa, a Every breath you take ho stritolato la mano del gonzorte. Quando hanno suonato Every little thing she does is magic ho desiderato essere un uomo per innamorarmi in questo modo folle e a Wrapped around your finger mi sono sentita DIO.
Quando hanno finito e non hanno suonato la mia preferita, e lo sapevo perchè c'era l'intro di pianoforte nella versione originale di Bring on the night, ho pensato che andava bene uguale, in fondo avevo appena visto il concerto dei Police e anche se la Roma aveva perso era comunque una delle serate più indimenticabili della mia vita.
Mi piacerebbe essere brava a scrivere per dirvi come mi sono sentita, vorrei essere un poeta per fissare quei momenti e rileggermi per farmeli tornare in mente, ma non sono capace e allora vi dico solo che ho quasi corso intorno allo stadio per trovare l'entrata e mentre stavo li' e aspettavo, ho pensato che ero proprio una persona fortunatissima e mi dispiaceva per il gonzorte che probabilmente non sarà uno dei 20.000 che andrà a vedere i Led Zeppelin, perchè forse anche lui si sarebbe sentito come me martedì sera.
Il concerto è stato spettacolare e se pure si sono rimessi insieme solo per i soldi e magari non si parlano non me ne frega niente, la musica ha surclassato ogni tipo di difficoltà ed in questo caso ha sicuramente vinto.
Io ho realizzato un sogno e non è una cosa da tutti i giorni.