Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia e The Swingle Singers
Direttore Antonio Pappano - Rrecensore esterno YARI
Programma:
Luciano Berio (Oneglia, 1925 – Roma, 2003)
Sinfonia per otto voci e orchestra - 35’
Giacchino Rossini (Pesaro, 1792 – Passy (Parigi), 1868)
Stabat Mater per soli, coro e Orchestra – 1h e 10’
Emma Bell soprano
Sonia Ganassi mezzosoprano
Lawrence Brownlee tenore
Shen Yang basso
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia
Maestro del coro Norbert Balatsch
Direttore Antonio PappanoDentro la pancia della balena/astronave IInsomma, per farla breve, è andata che ho trovato il modo di fare l’abbonamento, ad un prezzo ragionevole, all’intera stagione sinfonica dell’Accademia di S. Cecilia e, su gonzica richiesta, l’idea sarebbe quella di cercare di buttare giù qualche riga ad ogni appuntamento.
Non so fare premesse o quant’altro, quella è roba da chi se ne capisce davvero, io di tutto st’insieme di note ho capito solo una cosa, è assolutamente come con i libri e con il leggere, la stessa cosa, nessuno ti può costringere, niente ti ci può portare se tu non vuoi, è un viaggio che bisogna fare da soli fino ad affinarne una sorta di bisogno, è tutto legato a quello che arrivi a sentire: stringimenti di cuore, sentimenti e piccole felicità. E basta.
Si parte bene quest’anno, per l’inaugurazione è stato scelto uno di quei mix che piacciono tanto al direttore
Antonio Pappano : la prima parte di programma è dedicata alla musica ‘moderna’ di Berio mentre la seconda parte si affida alla maestria di Rossini. Lo scopo è palese, forzare l’ascolto della prima, attraverso il richiamo della seconda.
Onestamente devo dire che io la musica classica ‘moderna’ non la amo particolarmente, il problema è tutto nelle basi, la musica è un linguaggio dai molti livelli e mentre della musica classica ‘classica’, lo so è fastidiosa sta cosa, ma non so dirlo meglio, possiedo elementi di grammatica derivanti dall’ascolto e da una qualche passata esperienza di pesudo-musicista, la musica classica ‘moderna’ che questa grammatica, tanto per cominciare, se l’è reinventata (d’altronde non poteva essere diversamente, visto che quando Berio scriveva sul pentagramma fuori era il 1968 con tutto quello che ne consegue), mi lascia come davanti ad una pagina scritta in ideogrammi…non so davvero da che parte iniziare.
Detto ciò, sarà forse perchè era un ciantafurche (nome degli abtanti di Oneglia) ma questa sera, devo ammettere, che la sinfonia di Berio dal terzo movimento in avanti mi è pure piaciuta, ma pensa te. Forse perché è, volutamente, riassuntivamente sperimentale nel senso che tenta nuove strade piegando vecchie forme a nuove dimensioni. Nel terzo movimento ad esempio, c’è un tema portante ripreso da Mahler che viene mostrato, nascosto, decomposto, masticato e poi rigurgitato in diversi modi. L’uso delle voci umane, considerate alla stregua di strumenti come gli altri, se pur stordente, ha in questo pezzo geniali intuizioni. Detto ciò, molto del mio giudizio positivo dipende dal fatto che mi aspettavo il peggio da questa parte. I Swingle Singers sono un’Ensamble fenomenale (odio le parole francesi ma come lo si dice in italiano un coro che non è un coro? E nemmeno un insieme di solisiti, ma una via di mezzo???) estrazione jazz, purezza di timbro e precisione nei tempi micidiale, bravissimi.
Ci sarebbero mille altre cose da raccontare, di come, ad esempio, il secondo movimento derivi dalla scomposizione del nome di Martin Luther King e di come impazzino sino quasi a sembrare un rap ante litteram le citazioni del grande antropologo Levi-Strauss…ci rinuncio e vado avanti.
Giuro, dello Stabat Mater ho capito che mi sarebbe piaciuto dalle prime 10 battute. Il genio è già tutto lì, come spesso accade, in quella formula magica che ti prende dal tuo secolo, dai tuoi casini, dalle tue sciocchezze e ti sbatte ai piedi di una croce a veder morire tuo figlio con gli occhi di Maria.
Emma Bell è bellissima nel suo vestito bianco ed è anche davvero brava, sarebbe da invitare a cena solo per sentirla leggere il menù, degli uomini ho preferito il basso al tenore (ma mi accade spesso a meno che i tenori non siano davvero bravi) mentre per quanto riguarda Sonia Ganassi il timbro la relega , quasi sempre, ad un ruolo di piano inferiore rispetto ai soprani, che forse non meriterebbe.
Non mi soffermo sulla partitura è bellissima e se uno ha un minimo di curiosità per queste cose io penso che sia da ascoltare subito. Dirò solo che il finale in fuga mi è piaciuto tantissimo, ma con le fughe mi si frega sempre e quindi non faccio testo. Vorrei essere in grado di dire come è stata eseguita, ma so già che non ci riuscirò, hanno suonato in modo emozionante. L’anno scorso avevo notato che Pappano faceva rendere al meglio l’orchestra soprattutto nelle parti veloci e ritmate (Mozart, Chaikovski ecc ecc) ma non incantava nelle parti piene di colori e di temperature diverse forse per paura di abbandonarsi ad un lirismo fuori luogo. Oggi invece è stato proprio nelle parti recitate o quasi sussurrate il punto di forza dell’esecuzione, nell’attenzione, nella sottile delicatezza delle scelte di punteggiatura che hanno fatto rendere al meglio qualcosa di suo, già molto vicino alla perfezione. In sostanza è come se l’orchestra fosse migliorata durante questa pausa estiva e l’avesse voluto dimostrare subito ai blocchi di partenza della stagione. Il coro, come sempre, è come un solista a cui esce l’assolo, come un ciclista che vince una tappa in solitaria, degno di nota e di un applauso speciale.
Le cose vanno coltivate, quando piacciono, quando danno se non felicità, almeno emozioni. So che la musica classica non viene solitamente associata ad emozioni diverse da quelle che portano dritto per dritto al sonno, ma io, per quanto vale, garantisco una cosa, è il caso di dargli una possibilità, perché se poi per fortuna si capita in poltrona, in una giornata come questa, è facile che se ne voglia ancora, sino a non smettere più.