(recensore esterno: ANNA)
A Lisbona mi è accaduta una cosa che ricordo con piacere; sono entrata in un negozio di musica e ho sentito parlare con grande entusiasmo di una cantante portoghese, Dulce Pontes. Non ho posto tempo in mezzo e ne ho comperato il cd: è stato “amore a primo suono”, mi è piaciuta subito e ho mantenuto per quel cd una grande passione.
Mi sono augurata che questa fortunata combinazione avesse a ripetersi quando, alcuni giorni fa, mi trovavo in libreria; ben due persone prima di me stavano acquistando quel libro, e la signorina alla cassa lo stava consigliando ad un terzo cliente. Era lì in bella mostra, in un ampio numero di copie, con le sue quasi 700 pagine incuteva rispetto e rigore per quella copertina scura che ritrae l’interno di una chiesa antichissima, in parte rischiarato da un fascio di luce che il bellissimo rosone lascia passare per concentrarsi su una figura umana che non rivela però il suo volto.
La quarta di copertina paragonava l’intreccio de “ La cattedrale del mare” di Ildefonso Falcones ai “Pilastri della terra” di Ken Follett, ed è con questa aspettativa che mi sono avvicinata alla lettura del libro. Ho aspettato di superare il fastidio doloroso che le scene di brutale violenza fisica e psichica con cui si apre il libro, nell’attesa che il romanzo acquistasse respiro più ampio e mi coinvolgesse, ma così non è stato. La narrazione è spesso interrotta da lunghe digressioni di tipo storico che per quanto nobili nell’intento chiarificatore delle vicende che vivono i protagonisti, rivelano un certo intento didascalico o comunque forzato visto che poco si integrano con lo sviluppo della trama. Se dai “Pilastri della terra” ho acquisito molte informazioni sulla vita nel Medioevo, qui non è accaduto perché ho avuto voglia di leggere velocemente date, nomi, eventi storici che poco sembravano costituire il “necessario” intercalare degli eventi della vita del giovane Arnau. La stessa vita di Arnau, disgraziata e stentata fin dai primi giorni, si sviluppa troppo lentamente e col chiaro intento di innalzare questo giovane al ruolo di eroe buono. Molte le sue tristissime vicissitudini e molte le dure prove che l’incredibilmente coraggioso ragazzo affronterà nella sua strada alla “perfezione”, saranno numerose le “tentazioni” che subirà e cui lui cederà, ma ne uscirà rafforzato e vittorioso.
E’ narrato quasi come un calvario quello che Arnau affronta per trasportare sulle sue esili spalle la sua prima pesante pietra, una tra le tante che diverranno i mattoni per innalzare la bellissima cattedrale dedicata alla Madonna del mare. Occorreranno 630 pagine di libro perché la cattedrale venga completata e Arnau ci venga presentato come uomo che ha raggiunto la felice serenità che la vita terrena può offrire, fatta della donna amata, rallegrata dai figli e benedetta dalla solidità economica.
Moltissimi i personaggi che affollano le scene di questo libro, molti i cattivi – permeati di avidità e potere - , pochi i buoni - che vivono di principi morali e rettitudine interiore; molti i soprusi dei cattivi, troppi i buoni che subiscono angherie e non possono ribellarsi e quando lo fanno – ad esempio il papà di Arnau – pagano con la vita. Qui i buoni sono troppo buoni, i cattivi troppo cattivi; l’unico personaggio che mi è parso credibile è l’ebreo Guillem che nella sua “logica” umanità cerca di sopravvivere fingendo la sua conversione al cattolicesimo, omette alcune verità al suo padrone-amico Arnau troppo esigente ed intransigente, dimostra di saper essere amico perché non abbandona nel pericolo, ma dimostra anche di aver bisogno di allontanarsi per salvaguardare se stesso.
Mi sono augurata che questa fortunata combinazione avesse a ripetersi quando, alcuni giorni fa, mi trovavo in libreria; ben due persone prima di me stavano acquistando quel libro, e la signorina alla cassa lo stava consigliando ad un terzo cliente. Era lì in bella mostra, in un ampio numero di copie, con le sue quasi 700 pagine incuteva rispetto e rigore per quella copertina scura che ritrae l’interno di una chiesa antichissima, in parte rischiarato da un fascio di luce che il bellissimo rosone lascia passare per concentrarsi su una figura umana che non rivela però il suo volto.
La quarta di copertina paragonava l’intreccio de “ La cattedrale del mare” di Ildefonso Falcones ai “Pilastri della terra” di Ken Follett, ed è con questa aspettativa che mi sono avvicinata alla lettura del libro. Ho aspettato di superare il fastidio doloroso che le scene di brutale violenza fisica e psichica con cui si apre il libro, nell’attesa che il romanzo acquistasse respiro più ampio e mi coinvolgesse, ma così non è stato. La narrazione è spesso interrotta da lunghe digressioni di tipo storico che per quanto nobili nell’intento chiarificatore delle vicende che vivono i protagonisti, rivelano un certo intento didascalico o comunque forzato visto che poco si integrano con lo sviluppo della trama. Se dai “Pilastri della terra” ho acquisito molte informazioni sulla vita nel Medioevo, qui non è accaduto perché ho avuto voglia di leggere velocemente date, nomi, eventi storici che poco sembravano costituire il “necessario” intercalare degli eventi della vita del giovane Arnau. La stessa vita di Arnau, disgraziata e stentata fin dai primi giorni, si sviluppa troppo lentamente e col chiaro intento di innalzare questo giovane al ruolo di eroe buono. Molte le sue tristissime vicissitudini e molte le dure prove che l’incredibilmente coraggioso ragazzo affronterà nella sua strada alla “perfezione”, saranno numerose le “tentazioni” che subirà e cui lui cederà, ma ne uscirà rafforzato e vittorioso.
E’ narrato quasi come un calvario quello che Arnau affronta per trasportare sulle sue esili spalle la sua prima pesante pietra, una tra le tante che diverranno i mattoni per innalzare la bellissima cattedrale dedicata alla Madonna del mare. Occorreranno 630 pagine di libro perché la cattedrale venga completata e Arnau ci venga presentato come uomo che ha raggiunto la felice serenità che la vita terrena può offrire, fatta della donna amata, rallegrata dai figli e benedetta dalla solidità economica.
Moltissimi i personaggi che affollano le scene di questo libro, molti i cattivi – permeati di avidità e potere - , pochi i buoni - che vivono di principi morali e rettitudine interiore; molti i soprusi dei cattivi, troppi i buoni che subiscono angherie e non possono ribellarsi e quando lo fanno – ad esempio il papà di Arnau – pagano con la vita. Qui i buoni sono troppo buoni, i cattivi troppo cattivi; l’unico personaggio che mi è parso credibile è l’ebreo Guillem che nella sua “logica” umanità cerca di sopravvivere fingendo la sua conversione al cattolicesimo, omette alcune verità al suo padrone-amico Arnau troppo esigente ed intransigente, dimostra di saper essere amico perché non abbandona nel pericolo, ma dimostra anche di aver bisogno di allontanarsi per salvaguardare se stesso.
2 commenti:
non ho letto nessuno dei due libri, ma ora saprei quale scegliere, grazie ;-)
gireremo i tuoi ringraziamenti ad ANNA, io questo non l'ho letto, ma ricordo con piacere "I pilastri della terra".
a presto
gonzo bassa
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