Ho aspettato un po' a scrivere questa recensione perchè i libri di Fabio mi sedimentano dentro e poi lasciano un tale buon sapore che scriverne potrebbe rompere la poesia.
Di lui abbiamo già parlato rispetto al primo libro che è l'ormai famoso e anche candidato al premio strega "Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani", con il quale ha in comune i personaggi, adolescenti privi di figure di riferimento che in qualche modo riescono a tirarsi fuori dagli impicci in cui, solitamente li hanno messi i "grandi".
Sarà perchè fa l'educatore, o forse magari ha scelto apposta questa professione, ma ci sono poche persone che riescono a rendere, secondo me così bene, il punto di vista degli adolescenti sulle cose, quell'assoluta imprevedibilità e spregiudicatezza nel giudicare cose e persone, mancanza di confini e strettissime regole morali mischiate in un delirio di comportamenti schizofrenici che li caratterizzano; ovviamente quanto sopra vale anche per moltissime persone cosidette adulte, senza le eventuali scusanti del caso.
Insomma un altro libro da leggere e consigliare, scritto bene che scorre e con una storia triste triste che però non lascia l'amaro in bocca o, almeno, fa sperare in una redenzione di qualche tipo, tutto sommato c'è ancora bisogno di sperare per non cedere al cinismo nichilista.
3 commenti:
Grazie per aver speso del tempo sulle mie parole. Per leggere serve prestare attenzione. E come disse Simon Weil: l'attenzione è la più grande forma di altruismo.
complimenti, bella recensione.
Fa venire voglia di leggerlo
sono stato alla libreria al Bonola qui a Lavoropoli, ma non ce l'avevano.
in complenso c'era L'uccello che girava le viti del mondo, ma non l'ho preso
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