giovedì, novembre 29, 2007

La speranza indiana di Federico Rampini - 15 iuri scontati alla Feltrinelli - Strade Blu.

Più voci amichevoli mi hanno detto che questo era un libro un po' particolare per superare il blocco del lettore (che la mia socia GB credo non abbia mai conosciuto e che invece per me è stato causa prima della recente latitanza da questi lidi).
Io ho una teoria differente. In caso di blocco qualunque libro ti chiami dallo scaffale è quello giusto, che sia il "Manuale di costruzione di un biplano nel tuo salotto" o la Bhagavadgita.
E "La speranza indiana" mi ha chiamato a voce alta. Sarà stata l'immagine di copertina (ho un debole per l'iconografia indiana) o il mio interesse spiccato per questo Stato cosi' contradditorio e antico, sta di fatto che magicamente, la mia pigrizia mentale si è diradata.
E a ragione.
Non sono un'economista, né purtroppo, molto ferrata sulla storia dell'India, ma il modo di scrivere di Rampini, di cui vi consiglio anche altre sue creature (Il secolo cinese, L'impero di Cindia, L'ombra di Mao) è quanto di più diretto e semplice si possa desiderare, per un testo che non è un romanzo, né un reportage in senso stretto, ma un mini-saggio.
Forse appena troppo entusiastico (ho compensato con un articolo di Arundhati Roy riportato dall'Internazionale, decisamente più pessimista), ma interessante e ricco di storie personali che chiarificano i concetti, "La speranza indiana" ti fa venire voglia di approfondire l'argomento e leggere tutto cio' che possa essere collegato alla evoluzione, veloce, ma non priva di anima né resa impersonale da un regime, della nazione indiana.
La nazione che, secondo le statistiche riportate nel libro, sarà in capo a qualche decennio, la più giovane e lanciata economicamente del mondo, anche perché è già la più ottimista.
Buona lettura!

mercoledì, novembre 28, 2007

Dal Codice della strada (ma voi lo sapevate?)

Art. 7. Regolamentazione della circolazione nei centri abitati

"..... I divieti di sosta si intendono imposti dalle ore 8 alle ore 20 salvo che sia diversamente indicato nel relativo segnale....."
Della serie, in citta' dopo le 20 se non c'e' il cartello "Anche di notte" o "0-24" sotto il divieto di sosta, si puo' parcheggiare tranquillamente!
Tenete conto però che il divieto di sosta e fermata è permanente!

lunedì, novembre 26, 2007

Di libri e film

Ammetto che da un po' di tempo, diciamo pure una decina di giorni, non mettiamo più recensioni di libri, per nostra grandissima colpa.
Questo però non significa che da queste parti si sia smesso di leggere, nel mio caso sarebbe più facile smettere di respirare.
Il problema è che mi si sono accumulati molti libri letti recentemente e addirittura due film sul filone Uber Vaccata che di solito mi rappresenta, come ben affermato dall'amico Beemoth.
Partendo dai libri c'è stato l'ultimo inquisitore Eymerich, che ne "La luce di Orione" è tornato in grande e splendida forma alla sua lotta contro l'eresia e i francescani, un cult, ma è inutile sottolineare che il personaggio si è costruito libro su libro e questo è, credo, il nono volume che lo vede come protagonista, quindi se fossi in voi, comincerei dal primo.
Siamo passati poi a "Seta", causa concomitante circolazione del film, e insomma...Baricco proprio non è nelle mie corde, così è. "Come un libro che parte con grosse premesse si trasforma in un libello pretenzioso". Sicuramente sono io che non lo capisco, strano pero', tutto quello che ha a che fare con il Giappone solitamente mi piace di default, e invece addirittura l'ultimo Limes mi è sembrato più carino e più interessante....
A questo punto si è poi intromesso Jason Bourne, the ultimatum: un capolavoro. Se i primi due capitoli della trilogia vi sono piaciuti questo è il degno coronamento del tutto e a parer mio avrebbe meritato un post a parte, anche se per i nostri lettori non posso certo spingermi a dire che sia un bel film tout court.
Ho poi finito "Una solitudine troppo rumorosa" di Hrabal, assurto a rango di must tra le letture. Bello, bello, bello. Capisco Hanta, con la sua cultura a tratti, con le sue voci interne, con i suoi sistemi di messaggi, con il suo distillato di memorie e ricordi. Li conosco quelli come noi, quelli autistici che non si sentono mai soli perchè sono pieni di voci e racconti e pensieri e musiche.
Arriviamo all'ultimo Camilleri, come poteva mancare?
"Voi non sapete" è una storia della mafia in breve, ricostruita attraverso i pizzini di Bernardo Provenzano. Camilleri ci è riuscito di nuovo; è riuscito a scrivere una bella storia, per quanto agghiacciantemente vera, con un pretesto strano, i foglietti di carta che il capomafia utilizzava per dialogare con i suoi sottoposti. Meglio di quanto sembra, un condensato di Gomorra, anche se sulla mafia e non sulla camorra, resta il solito amaro retrogusto di essere italiani e in parte compiacenti, perchè la verità è che la mafia da tempo non è solo in Sicilia e la mentalità omertosa si sparge come un virus silente.
Concludiamo con l'uber vaccata per eccellenza: "Beowulf", questo film, personalmente mi ha fatto un po' schifo, prima di tutto perchè non pensavo che fosse con l'animazione 3D che proprio non mi piace, (sullo stile Final Fantasy se ve lo ricordate).
Realizzato benissimo, con tanto di draghi, streghe, principesse ed eroi, ma proprio non mi ha preso anche se gli ingradienti c'erano tutti. Peccato, solitamente questo tipo di film mi fa impazzire, ma c'è qualcosa di dissonante in Beowulf, forse un tentativo di rendere umano un eroe millantatore di ca$$ate che poi gli si sono ritorte contro.

giovedì, novembre 22, 2007

Un uomo, un genio
Ecco a voi la migliore produzione francese dopo i formaggi a pasta molle.
Lo trovate anche qui, qui e qui.

mercoledì, novembre 21, 2007

Libreria Feltrinelli - Via Appia Nuova

Ieri, credo per la seconda o la terza volta in vita mia, sono entrata in una libreria e ne sono uscita senza spendere un centesimo. L'occasione di questa stupefacente esperienza (ma anche un po' triste se vogliamo), è stata l'inaugurazione della nuova Feltrinelli a via Appia Nuova (Roma).
In occasione dell'evento c'era addirittura un'orchestra, ma soprattutto c'era Jonathan Coe intervistato da Stefano Benni e a questo punto, vista la mia passione per Coe e quella di stupendoboy per Benni, non si poteva mancare.
Evidentemente siamo stati proprio gli unici a pensare di andare, considerato che dentro la libreria la densità era di dieci persone per metro quadro, il che è bastato per farmi desistere dal comprare alcunchè, questo e il fatto che alla cassa c'era una fila che nemmeno ai benzinai prima dello sciopero.
La libreria è la classica Feltrinelli, niente di nuovo sul fronte occidentale, Coe è sceso dal taxi dietro di me e l'ho visto solo di spalle perchè stavo leggendo, e Benni nemmeno l'abbiamo intravisto. Peggio ancora, stupendoboy non ha nemmeno comprato il suo nuovo libro, sempre per i succitati motivi.
Vi chiederete...che ve lo racconto a fare se si è risolto tutto in un nulla di fatto?
Perchè, mentre aspettavamo Alca fuori dalla libreria, è uscito niente meno che... ERRI DE LUCA. A questo punto la tachicardia ha preso improvvisamente il sopravvento e come al solito mi sono limitata a guardarlo, mentre venivo ripetutamente sollecitata ad andare a dirgli qualcosa.
Ma che vuoi dire al tuo scrittore preferito la cui principale qualità ai tuoi stessi occhi è che sia forastico? Niente, come al solito niente, ma improvvisamente tutto il pomeriggio si è risolto in un successo strepitoso.
Che volete fare, ci vuole veramente tanto poco a farmi felice...

lunedì, novembre 19, 2007

Ci preme segnalarvi questo Convegno che si terrà domani a:

Roma, Campidoglio - "Sala Giulio Cesare"Martedì 20 novembre, h. 9.30
Contatti Informazioni: Comitato Giù le Mani dai Bambini


ax: 011.19711577 - cell: 338.7478239

Relazioni media:Sec & Associati (Roma)tel: 06.3222712

Iscrizioni ECM:Ufficio Formazione Azienda Policlinico Umberto1 formazione.ecm@policlinicoumberto1.ittel: 06.4997.7694/5/8 - fax: 06.4667.7696

domenica, novembre 18, 2007

Marcela Serrano "I quaderni del pianto" Feltrinelli 12 euro.
recensore esterno: mammonza
Troppo bello per essere vero! dopo aver letto negli ultimi tempi libri belli ma catastrofici, libri che iniziano con una trama triste e tu lo leggi sempre con la speranza che poi alla fine volga al bello e alla fine rimani sconsolata, bè qui rimani non dico contenta ma almeno ottimista!
In fondo, però, forse alla fine ti viene il dubbio che sia un finale troppo semplice e risolutore, ma ben venga! Il pregio del libro per me è stato che mi ha fatto venire il desiderio di leggere altri testi dell'autrice cilena, e questa è una buona cosa.
Quanto è simile ad Isabell Allende? Certo ci sono molti punti in comune e sono certa che la Serrano ne sia un'attenta lettrice; il suo scrivere è però più asciutto e lo svolgere dei fatti ridotto al minimo indispensabile; come se la scrittrice ci dicesse: volevo raccontarvi questo fatto di cronaca dall'inizio alla fine e non volevo che vi distraeste con qualsivoglia non indispensabile descrizione.
Debbo dire infatti che per farlo ha utilizzato solo 125 pagine; la stessa storia in mano ad altri autori di mia conoscenza ne avrebbe richieste tre volte tanto. La trama? la ricerca di una bambina desaparecida ......, non vado avanti, rileggetevi come ho iniziato la recensione.

sabato, novembre 17, 2007

Appello

Vuoi che l'agroalimentare, il cibo e la sua genuinità siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e qualità, sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da OGM?

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Sono già stati raccolti più di 3 milioni di voti!

Hai tempo fino al 9 dicembre

venerdì, novembre 16, 2007

Ritmi di teatro e Dissolvenze
Presentano
IL SOGNO DEL SOLDATO
Da IL SOLDATO TANAKA, di Georg Kaiser
Regia di DIEGO PERUGINI E BEATRICE SIMONETTI

REPLICA DI BENEFICENZA all'Istituto Superiore Antincendi
sabato 17 novembre

Il Sogno del soldato è la rielaborazone del testo Il soldato Tanaka, di Georg Kaiser, autore massimo dell’espressionismo tedesco.
Scritto nel 1940, Il soldato Tanaka è uno degli ultimi lavori di Kaiser che morirà cinque anni più tardi in Svizzera.

Una storia semplice, raccontata dall’autore con l’ingenuità e il candore di una parabola.

Nel Giappone rurale, dove i contadini in mancanza d’altro si nutrono di radici sterrate, Tanaka torna presso il villaggio nativo, in visita alla sua famiglia povera che inspiegabilmente accoglie il buon figliolo con libagioni prelibate. Il clima gaio e pastorale lascia solo intravedere segnali d’inquietudine allorquando Tanaka chiede di Yoshiko, sorella minore promessa in sposa al suo amico e commilitone Wada, ricevendo dai genitori una vaga e imbarazzata risposta.
Il pasto in suo onore viene consumato in un clima d’euforia ed esaltazione sublimato dai racconti di Tanaka e Wada sulla magnificenza dell’Imperatore.
Tempo dopo, in un bordello dove con i suoi compagni di battaglione si trova a festeggiare una licenza premio,Tanaka il giusto, Tanaka l’ingenuo vedrà il suo mondo crollare. Le sue certezze si sgretolano di fronte al grande inganno, sua sorella venduta come prostituta dai genitori in cambio dei soldi per il lauto pasto che ha accolto il ritorno a casa del fratello soldato.
Il disinganno diventa allora vendetta, fratricidio, uccisione di un superiore.
Il lungo dibattimento sancisce la colpevolezza di Tanaka e ne decreta la morte.
Il suo valore e le circostanze che l’hanno indotto al gesto potranno tuttavia salvarlo, se chiederà scusa all’Imperatore.
Un lungo e struggente monologo finale chiuderà l’esistenza del soldato Tanaka, apolide senza più senso di appartenenza, consapevole dell’impostura dell’Imperatore e del suo grande inganno.

Prototipo dell’Idealismo tedesco, Tanaka incarna tutte le virtù del buon soldato. Leale, generoso, saggio, esprime nei suoi postulati la fede cieca nell’esercizio del Bene in un ordine sociale immutabile dove, speculare alla miseria dei contadini, si erge la potenza dell’esercito, magnifica emanazione dell’Imperatore.
Il sovrano, terminale e tramite divino in una struttura ascensionale dove anche la miseria e l’ingiustizia hanno una funzionalità positiva, è sempre al centro dei racconti di Tanaka. Nel furore mistico che accompagna le iperboli visionarie del soldato non è difficile scorgere un evidente riferimento alla gioventù hitleriana (il testo è del 1940, prima fase della Guerra Mondiale, quando la Germania avanzava incontrastata alla conquista dell’Europa).

Pur nella piena adesione all’impronta antiautoritaria e antimilitarista del testo originario, la messa in scena cerca il suo nucleo nel processo visto come contrapposizione fra l’Uomo Tanaka, ormai nudo in quanto spoglio delle sovrastrutture sociali (onore, lealtà, ubbidienza) e quella che un tempo era stata la sua Comunità. Egli non muore per l’uccisione del graduato, ma per il suo rifiuto a chiedere scusa rientrando così nei ranghi di un sentire comune in un luogo comune.
Tanaka lo straniero, scorge nei tratti cangianti dei suoi giudici le sembianze di quel mondo al quale un tempo appartenne e che ora, nel momento del congedo, saluta con le parole di Sartre “… Addio bei gigli, così delicati nei vostri piccoli santuari dipinti, addio bei gigli, nostro orgoglio e nostra ragion d’essere, addio, addio. Schifosi.”

mercoledì, novembre 14, 2007

Teatro Eliseo di Roma - La Mandragola
Quest'opera scritta da Machiavelli mentre era in esilio per aver complottato contro i Medici è una delle ennesime dimostrazioni che "Il fine giustifica i mezzi".
La storia, risaputa, è quella che permette a Callimaco di andare a letto con la moglie di Nicia, proprio con il beneplacito di quest'ultimo, ed è veramente divertente.
Gli attori sono molto bravi, su tutti proprio Nicia, Ugo Pagliai, il classico fesso che si crede un gran furbone.
Mi ha di nuovo deluso il teatro Eliseo che nonostante la ristrutturazione non è stato dotato di adeguata distanza tra le poltrone (nonostante io sia la gonza bassa avevo comunque le ginocchia in bocca, non ho proprio idea di come avrebbe fatto la socia alta); inoltre non si è pensato di dotare la struttura di un numero congruo di toilette per piano (non è carino trascorrere tutto l'intervallo in piedi e in fila) non da ultimo, ma forse quest'ultima cosa si può imputare alla mia influenza sottosoglia, ho sentito molto freddo.
Se vi capita di voler andare a teatro ve lo consiglio, è un evergreen, se invece preferite, non muovervi da casa, c'è una versione televisiva con Totò nelle vesti del frate. Veramente machiavellica la disquisizione di frate Timoteo che, per convincere Lucrezia a bere la pozione di mandragola (per ottenere ducati in beneficienza) e a giacere con un altro uomo, si arrampica sugli specchi e le assicura che, essendo il fine ultimo concepire un figlio e dare discendenza ed onore al marito, anche Dio avrebbe benedetto il fatto..... e tutti vissero felici e contenti!

lunedì, novembre 12, 2007

Auditoriun di Roma - Una domenica bestiale
La premessa d'obbligo è che questo fine settimana mi sono nati due, e dico ben due, nipotini: Angelica e Luca (in rigoroso ordine di apparizione) quindi prima di tutto un benvenuto a loro e un bacione alle stanche mamme. Detto questo, non perderò molto tempo rispetto a quanto accaduto dopo la morte di Gabriele, tifoso, ad opera di una guardia dal grilletto facile, purtroppo è quello che capita a dare la divisa a degli esaltati, speriamo solo che non si faccia la fine dell'inchiesta di Genova per Carlo Giuliani.
Ieri pomeriggio invece, all'oscuro dell'intero delirio, io e il mio compagno di avventure musicali siamo andati all'auditorium a sentirci Bollani che suonava niente di meno che la Rhapsody in Blue di Gershwin, non so se mi spiego.
Si inizia con la Jazz Suite di Erwin Schulhoff e quindi con un'ottima sorpresa. Già pronti a sorbirci l'ennesimo pappone cacofonico di musica contemporanea rimaniamo piacevolmente colpiti e anche un po' stupiti, insomma lasagne quando ti aspetti un panino.
Dopo, entra il pianoforte, e con lui il maestro. Capelli lunghi, camicia rossa fuori dai pantaloni e un paio di battute giusto così, per metterci a nostro agio. La sua versione della rapsodia è fantastica, al punto tale da scioccare anziane signore sparse ovunque che: "...ma insomma, così non si è mai sentita!" Già signora mia, ma ci sarà una ragione, come ricorda il buon Yari, per cui la prima volta fu lo stesso Gershwin a suonarla.
Possiamo ridurre il tutto alla parola IMPROVVISAZIONE, che non è una buona ragione per spaventarsi, ma tant'è, il mondo è bello perchè è vario ["Lei non trova che Verdi sia così bandistico?"e questa la capiamo in due].
Come se non bastasse, tra un applauso e l'altro (si rischia di superare il record dei 40 minuti di applausi a Zubin Metha) il nostro amatissimo Bollani infila anche una versione decisamente sincopata di Per Elisa e altro, sul quale io e Yari stiamo ancora discutendo.
Si arriva all'intervallo, e ve lo dico per me già era sufficiente così, ma quando si è fortunati non ci si tira indietro e il proseguio era la sinfonia n.9 in Mi minore op.95 di Dvoràk, meglio conosciuta come la sinfonia "Dal nuovo mondo", ora forse così non vi dice niente, ma il suo leitmotiv è famosissimo.
Che volete, se è vero che le sfighe capitano tutte assieme c'è da dire che certe coincidenze fortunate fanno ben sperare; per esempio, dopo tutto questo, abbiamo lisciato di cinque minuti gli incidenti a ponte Milvio e siamo arrivati a casa senza problemi, nonostante le belve in libera circolazione per Roma, ma questo è il risultato di panem et circenses quindi vedetevela voi.
Per quanto ci riguarda, questo stesso concerto verrà riproposto mercoledì prossimo su radio tre, vi consiglio vivamente di non perderlo per nessuna ragione al mondo
RADIO3 SUITE - IL CARTELLONE
MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2007ORE 21.00
ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA- Stagione Sinfonica 2007 - 2008 in diretta dal Parco della Musica in Roma Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia direttore, James Conlon; pianoforte, Stefano Bollani musiche di Schulhoff , Gershwin e Dvorak .

sabato, novembre 10, 2007

Helloween - Gambling with the devil
Ad un paio di anni di distanza dall'uscita di The legacy, che del Keeper of the seven keys aveva solo il nome, i nostri eroi fanno uscire un nuovo disco di inediti che li proietta in un'era di rinnovata giovinezza. Speed poco anacronistico e musica che ascoltarla è un piacere (IMHO).
A questo punto il 27 novembre tocca tenersi liberi per il concertone che si terrà a Roma (sembra con i Gamma Ray, altra band di non facile consumo ma sicuramente apprezzabile), con la certezza che la mia speranza resta sempre quella di poter ascoltare Dr. Stein o I want out oltre che i 13 minuti di Halloween o di Keeper.
Forse voglio decisamente troppo. Posso sempre tornare a Live in the U.K., fare come Wayne e sentirmi di nuovo un'adolescente inquieta....nel mentre, questa è la tracklist del nuovo disco, vi consiglio quello doppio con le bonus tracks:
CD 1:
1.Crack The Riddle (Intro)
2.Kill It
3.The Saints
4.As Long As I Fall
5.Paint A New World
6.Final Fortune
7.The Bells Of The 7 Hells
8.Fallen To Pieces
9.I.M.E.
10.Can Do It
11.Dreambound
12.Heaven Tells No Lies
CD 2 (Bonus Disc):
1. Find My Freedom (Japan Bonus Track)
2. We Unite (Bonus track)
3. As Long As I Fall - video (enhanced)
4. Trailer (enhanced)
Buon ascolto!!

venerdì, novembre 09, 2007

Ci piacerebbe che leggeste questo editoriale di Evangelisti, lo trovate anche qui:

Romania fa rima con etnia? di Valerio Evangelisti
L’identità dei rumeni è tale da rendere difficoltose le campagne d’odio razziste cui siamo ormai abituati. Sono di pelle bianca. Sono in maggioranza di fede cristiana (sia pure nelle variante greco-ortodossa). Parlano una lingua che discende in linea diretta dal latino. Fanno parte dell’Unione Europea.Non si possono applicare loro, insomma, i consueti alibi che giustificano il razzismo dilagante in questa porcheria di paese: lo “scontro di civiltà”, la “lotta al terrorismo”, la differenza di culture, e via delirando. I rumeni si chiamano così proprio per l’impronta lasciata loro dall’annessione a Roma – ammesso che simili argomenti abbiano un senso. Anzi, quando l’impero romano era ormai scomparso, là se ne teneva vivo un brandello. Dico questo per prevenire le obiezioni delle canaglie fasciste, sempre pronte ad asservire la storia per giustificare i propri delitti. Non vi serve cercare Dna particolari. La Romania era ed è più latina di quanto non lo sia l’ipotetica “Padania”. Se siete fascisti, siatelo fino in fondo. Se siete “padani”, andate affanculo. Da bravi barbari, vi bevete l’acqua del dio fiume, con larve annesse. Prosit!
Veniamo al caso che invade le cronache. Un rumeno, per la precisione un Rom, violenta e uccide una povera donna. Dove abito io, l’ultima violenza carnale di una lunga serie è stata commessa, se ricordo bene, da un calabrese ubriaco. Non mi risulta che, per questo, la Regione Emilia-Romagna abbia rotto le relazioni con la Regione Calabria, né che si sia scatenata una caccia al calabrese. Invece, se le cronache dicono il vero, il governo Prodi avrebbe richiamato l’ambasciatore in Romania. Non so se la notizia sia fondata, però ho visto Walter Veltroni, segretario del futuro Partito Democratikkko e sindaco di Roma, lamentare a Ballarò che i rumeni in Italia sono troppi (riecheggiando Beppe Grillo, altra brava persona), e rivendicare con orgoglio la distruzione delle loro baracche (dove siano finite le famiglie degli “sfollati” non si sa). Intanto, grazie anche alle indirette istigazioni dello stesso Veltroni, squadre di “giustizieri” sprangavano rumeni qualsiasi mentre, carichi di borse, uscivano da un supermercato, e distruggevano un negozio di “specialità dalla Romania”. Il Giornale applaudiva questa reazione spontanea delle masse. A mia conoscenza, mai il governo degli Stati Uniti ha convocato diplomatici italiani per rinfacciare loro ciò che stavano facendo, in territorio americano, gli affiliati alla Mano Nera o a Cosa Nostra. Pescava i colpevoli, se ci riusciva, e li sbatteva in galera. Solo da noi si fa ricadere un crimine su un popolo intero, e si prende a pretesto un delitto per criminalizzare una nazionalità nel suo complesso. Che i rumeni si consolino. Prima era già accaduto agli albanesi, ai nordafricani, ai polacchi, agli “slavi” in genere, ai meridionali. Nel Medioevo, i Veltroni di allora (o i Fini, o i Casini, o i Berlusconi, o i leghisti del tempo) imprecavano contro gli ebrei, che dissanguavano bambini cristiani. La - da me non tanto - compianta Oriana Fallaci inveiva contro i somali, rei di sporcare Firenze. Ogni epoca ha il suo stronzo, e la sua vittima.Tornando ai rumeni, delinquenti per vocazione genetica, cos’abbiamo fatto noi a loro? Una qualche reciprocità esiste.Era appena caduto il regime di Ceausescu e già migliaia di “imprenditori” italiani (chiamiamoli con il loro nome: “padroni” e “padroncini”) si fiondavano in Romania, come in altri paesi dell’Est, alla ricerca di manodopera sottopagata. L’avvilente epopea di questi tristi avventurieri è appena stata narrata da Andrea Bajani in un bellissimo romanzo, altamente consigliabile: Se consideri le colpe, Einaudi, 2007. I “portatori di progresso” italiani si rendevano complici di un doppio crimine: togliere lavoro in Italia e instaurare lavoro schiavistico altrove. Intanto un paese, sottratto a una dittatura ma lasciato nelle braccia del neoliberismo più brutale, assisteva a un degrado progressivo, e diventava tra i massimi esportatori di delinquenti e, soprattutto, prostitute. Nessuno, come i clienti di queste ultime, apprezza i benefici del capitalismo. D’altronde la merce è varia: un volo aereo e c’è, alla periferia di Timisoara, un bordello in cui sono in vendita minorenni dei due sessi. I padroncini vi si affollano. Fa comodo la miseria altrui, purché resti a casa propria. Se viene qua, si trasformerà in puro accidente o in scelta criminale. Che schifo! Che paese (o etnia, a questo punto?) di merda è diventato l’Italia!

giovedì, novembre 08, 2007

Nella pancia della balena/astronave III: recensore esterno YARI

Dimenticata la patina dell’esordio stagionale, la stagione sinfonica della prima orchestra d’Italia cerca la cosa più difficile, cerca la ‘normalità’ senza nomi di clamoroso richiamo, cerca di affascinare i suoi abbonati. Quelli che si siedono al proprio posto salutandosi. Vista l’indisposizione del maestro Jeffrey Tate, con un atto di fiducia ben ripagato, la direzione dell’orchestra viene affidata a Carlo Rizzari direttore in seconda dell’Accademia, 43 anni e, mi tolgo subito il pensiero, per quello che me ne capisco io, bravo, davvero molto bravo, mi è piaciuto soprattutto nelle parti più movimentate (che sono un punto di forza dell’orchestra).
Se dovessi riassumere in un titolo quello che ho ascoltato, sarebbe ‘musica per cuori rossi’.
In sostanza musica perfetta per fare innamorare qualcuno, musica da abbordaggio, musica fatta per evocare sentimenti e sospiri. A saperlo prima...uno magari si organizzava anche meglio, vabbè.
Parte prima, Ravel (che non ha scritto solo il Bolero, ma quello gli è rimasto cucito addosso come il Tenente Colombo a Peter Falck). Qua è tutt’altra cosa, una serie di 5 brevi pezzi, definiti infantili e scritti per essere eseguiti al pianoforte dai figli dei coniugi Cyprien.
Belli, una lezione di semplicità. Una lezione di quello che si può fare senza scegliere strade troppo complicate. Dei cinque pezzi ho preferito gli ultimi due: i Dialoghi della bella e la bestia (ascoltateli, è facilissimo capire quando parla l’una o l’altro o quando le due voci si fondono) e il lento arioso e fantastico Il giardino fatato. Quest’ultimo io lo immagino come sottofondo ideale dei quadri di Marc Chagall, tanto per capire qual è il grado di romanticismo di cui parlo.
La prima parte si chiude poi con il concerto per pianoforte ed orchestra di Aaron Copland .
Potrei parlarne per ore, potrei dirvi di come il pezzo è nato nel 1947 su commissione di uno dei più grandi Clarinettisti di sempre, Mr Benny Goodman, potrei tessere giuste e circostanziate lodi di Alessandro Carbonare, il solista di questa sera, e dirvi come l’orchestra si sia evidentemente divertita nel suonarlo, ma tralascerò tutto questo. Dirò soltanto che in principio è sentimentale come una dichiarazione d’amore sotto una pioggia di zucchero, poi tutto si ferma, il clarinettista suona da solo per almeno 20 battute e con un raccordo memorabile la butta clamorosamente in jazz, come se dopo quella dichiarazione, l’uomo felice corresse ad avvisare il mondo della sua felicità fischiettando...il secondo momento, per ovvi motivi temporali e strumentistici ricorda tantissimo la Rapsodia in Blue di Gershwin, il finale tira su applausi scroscianti convinti.
Uno qui si sarebbe potuto accontentare tanto tutto era già sufficientemente bello, ma se invece, come me, ha scelto di restare, non ha sbagliato.
La seconda parte del concerto è stata, infatti, dedicata alla settima, ed ultima, sinfonia di Prokof’ev. Sinfonia in do diesis minore tonalità non proprio frequentatissima nella storia della musica.
Prokof’ev mi piace molto, trovo che sia come leggere Pirandello, sai che non ti tradirà, sai che magari il linguaggio potrà sembrare superato ecc ecc, ma te ne freghi, ti piace e te lo ascolti/leggi e rileggi. Questa sinfonia assomiglia molto al suo ‘Romeo e Giulietta’ (senza raggiungerne però il livello) che ho avuto modo di ascoltare l’anno scorso, il romanticismo, la simmetria e la capacità di variare nel riproporre i temi ne fanno un’opera evidentemente matura e piacevolissima. Il movimento che mi è piaciuto di più è stato il terzo. Ho trovato bravissimi e molto impegnati, per una volta, i percussionisti allo xilofono ed al vibrafono. Anche qui l’orchestra ed il direttore c’hanno messo del loro, la musica è diventata, per una volta ancora, un bel vestito da portare in un’occasione speciale. Quando mi sono seduto, arrivato appena in tempo per colpa del lavoro e del traffico, avevo gli occhi rossi e stanchi, quando me ne sono andato, sono certo che in una qualche maniera stessero luccicando e che la mia cassa toracica trasparente mettesse in bella mostra un bel cuore rosso felicemente pulsante.
Programma: j. Maurice Ravel (Ciboure, 1875 – Parigi, 1937)Ma mere l’oye - 20’
Aaron Copland (New York 1900 – 1990)
Concerto per Clarinetto – 18’
S. Sergeevič Prokof’ev (Sontzovka, 1891 – Mosca, 1953)Sinfonia N.7 – 30’
Alessandro Carbonare Clarinetto Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia Direttore Carlo Rizzari

mercoledì, novembre 07, 2007

Cormac McCarthy "La strada" Einaudi 16.80 Premio Pulitzer 2007
Non avevo mai letto niente di questo autore e cominciare dal suo premio Pulitzer era ovvio e sin troppo scontato, ma io sono una persona conformista e di una sconcertante banalità, infatti ho anche rimesso la canottiera.
Questo breve romanzo è agghiacciante, e questo spiega la canottiera. Mai in così poche parole un autore era riuscito a descrivere l'apocalisse: un incrocio tra l'ombra dello scorpione, mad max e girlfriend in a coma, ma molto molto peggio.
Immaginate un uomo ed un bambino che camminano tra le strade deserte di città abbandonate e completamente ricoperte di cenere [futuro post-atomico], senza che si veda qualcosa di diverso o anche una minima speranza, anzi, ogni volta è peggio.
Mi chiedevo anche se per caso l'autore avesse mai sentito la canzone di Guccini "Il vecchio e il bambino", perchè me l'ha ricordata molto.
I dialoghi tra padre e figlio fanno stringere il cuore, proprio perchè è così semplice immaginarseli immersi in una spessa nebbia a camminare faticosamente nella cenere per spingere un vecchio carrello del supermercato che trasporta tutto quello che hanno. Le poche righe che tirano in ballo la madre arrivano come un pugno nello stomaco, uno di quelli che proprio non eri pronto e ti manca l'aria per ore dopo aver smesso di tossire quasi fino a vomitare.
Credo di aver dato l'idea e non aggiungo altro per non rovinare il "finale", però l'ultima cosa da dire è che è bellissimo, scorre come l'acqua e finisce subito, anche se le poche pagine per questo aiutano, indubbiamente. Prossimamente cercherò di comprare anche "Non è un paese per vecchi" e "Il buio fuori"; ho scoperto un altro autore che mi piace.....AIUTATEMI [da leggere con la voce di De Sica che interpreta il vigile Persichetti].

martedì, novembre 06, 2007

lunedì, novembre 05, 2007

Free-ignorance week end

La presenza degli amiconzi ha reso questo fine settimana lungo un momento, oltre che piacevole, pieno di mostre ed eventi.
Abbiamo cominciato con il rinnovato Palazzo delle Esposizioni, dove ce ne sono addirittura tre: Kubrick, Rothko e Ceroli.
Quella che riguarda il regista era indubbiamente l'esposizione più grande, ma l'ho scorsa abbastanza velocemente, con l'eccezione di un minuto di venerazione all'angolo Shining, dove ho capito che in ogni casa c'è bisogno di un'ascia.
Rothko mi è piaciuto tantissimo, specialmente quelli che vengono considerati i suoi quadri più austeri, mentre non conoscevo Ceroli, ma mi è piaciuto, per quel poco che ho potuto capire.
Il pomeriggio, con aggiunta della socia, abbiamo proseguito con Gauguin al Vittoriano, mostra decisamente troppo affollata per la location. Non c'è niente da fare, qualsiasi cosa si esponga lì perde tantissimo. Tra l'altro non sono un'amante del periodo delle isole, personalmente mi piaceva di più quando il suo stile era tipicamente impressionista e di queste tele non ce n'erano molte.
Il giorno successivo, un ottimo inizio con la panoramica "da Cranach a Monet " a Palazzo Ruspoli in via del Corso. Solo 57 opere, ma molto ben esposte, alcune poi mi sono piaciute proprio tantissimo. Le "Rose di eliogabalo" (sul quale invece la gonza alta si è ammazzata dalle risate), Monet e Pissarro su tutti (e per forza, gli impressionisti restano sempre i miei prediletti).
Nel pomeriggio abbiamo visitato alle Scuderie del Quirinale la mostra sulla Pop Art con più di 100 opere tra cui la famosa Marylin di Wharol e poi Lichtenstein e Jones.
Come anche per il palazzo delle esposizioni, la mostra era molto affollata, ma la disposizione delle opere e il posto stesso permettono una fruzione adeguata della stessa.
L'ultimo giorno, anche se orfani degli amichetti ormai in treno per Torino, siamo andati a vedere i Macchiaioli al Chiostro del Bramante e anche la mostra "Margini - nello spazio dell'arte" che si trova all'ultimo piano del chiostro. Le abbiamo trovate entrambe molto belle, sia per come erano organizzate sia perchè non capita spesso nè di vedere esposti tanti quadri di Fattori, nè dei giovani artisti contemporanei.
L'ultimo sforzo, per così dire, di questi giorni densamente culturali è stato andare a vedere la piece "Il sogno del soldato" di Kaiser Georg al Teatro dei contrari. Trovate qui altre informazioni, per quanto mi riguarda posso dire soltanto che mi è piaciuto molto, ma purtroppo era l'ultima serata e quindi non vi posso nemmeno consigliare vivamente di andarlo a vedere, la prossima volta cercherò di andare alla prima...