martedì, dicembre 04, 2007

Nella pancia della balena/astronave V

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. CeciliaDirettore Antonio Pappano – 28 Novembre 2007 - Recensore esterno YARI
Programma:G. Rossini (Pesaro, 1792 – Parigi, 1868)
Guillaume Tell
Opera in 4 atti in forma di concerto
Ellie Dehn, Norah Amsellem Soprani
Laura Polverelli Mezzosoprano
J.Osborn, Vincent Ordonneau, Celso Abelo Tenori
Jérome Varnier Baritono
Michele Pertusi, Alex Esposito, Frédéric Caton, Darren Jeffrey, Davide Malvestio Bassi
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. CeciliaDirettore del Coro Norbert Balatsch
Direttore Antonio Pappano

E qui ci voleva coraggio, perché già dal concerto precedente avevano cominciato a metterci sull’avviso ‘Gentili abbonati, per permettervi una più agevole visione dell’opera, della durata di 4h 4, abbiamo pensato di proporvi una degustazione di tramezzini Rossiniani’ ma va da via l’oboe...vabbè, però le 4h ore erano un dato di fatto. Così prima di andare là ho fatto training autogeno, ‘ce la faccio ce la faccio’, è ho preso anche un caffè alle 5 per sfruttarne l’effetto. Dopo lunghe code per lavori e blocco della città da parte dei simpatici, come una colica, taxi romani (ve possino), dopo Emily Dickynson (ma questa è una storia diversa) alla radio, sono arrivato, mi sono seduto, al mio posto, nella pancia della balena, ho aperto il libretto e sono rimasto a bocca aperta, come un manga giapponese quando ha appena ricevuto una martellata in testa, o una notizia bruttissima, con due cerotti incrociati al posto degli occhi, leggendo: Opera in 4 atti in francese con sovratitoli in italiano Nooohhhhhooooooo (detto con la voce dell’omino focaccina), mio dio.
Mentre pensavo questo è arrivato il buio in sala ed è parita l’overture arcinota, bhè che dire, io ho già scritto altrove che l’overture delle opere è come l’incipt di un libro, può fare davvero la differenza il modo in cui qualcuno ti prende da dove sei e ti porta in un posto ed in un tempo ‘altri’. Quello del Guglielmo Tell è un modo bellissimo di portarti via e loro l’hanno suonata meravigliosamente. Da lì in poi è diventato un esercizio di concentrazione e di goduria: Occhio sui sovratitoli in italiano per capire che diavolo succede, dopo di che lettura quasi braille (visto la scarsissima luce in sala) del libretto francese per seguire il canto e, infine, abbandono alla musica. La mia vicina ha cominciato a russare dopo la prima mezz’ora del primo atto ed ha pensato bene, anche per noi, di abbandonare alla fine dello stesso. Io alla fine del primo atto cominciavo a capire nuovamente il francese senza bisogno dei sovratitoli. Insomma, stavolta la faccio breve: Alla fine delle 4h, in un giorno lavorativo, io sono rimasto sveglio e piantato sulla mia poltrona e il finale dell’opera mi ha inchiavardato lì con un magone fortissimo. E dire che si raccontava della poco credibile ribellione dei cantoni svizzeri all’oppressore e di un amore detto in francese… ma quanto deve essere bella la musica e quanto prefetto il canto per permettere una cosa così? Quanta bravura ci vuole per farti appassionare alla rivolta messa in atto da un popolo meglio, per non dire quasi soltanto, noto per cioccolatini e banche? Tant’è, così è. Ancora una volta ci si è stupiti del Coro, che prende ovazioni alla pari dei più quotati interpreti solisti e dell’orchestra, come sempre, davvero sorprendentemente unitaria nelle orchestrazioni ricche di parti veloci e ritmate. Dei solisti ne sono usciti alla grandissima Vincent Ordonneau nel ruolo di Rodolfo, davvero una gran bella interpretazione riconosciuta dal pubblico, e più prevedibilmente, visti i ruoli: Michele Pertusi (Guglielmo), Jhon Osborn (Arnold Melchtal), Frédéric Caton (Melchtal) ed Ellie Dehn (Jemmy), ma sono stati tutti quanti su livelli davvero alti. Tornato a casa ho cucinato qualcosa e non ho neppure pensato di accendere la televisione, a cosa serve quella scatola stonata quando puoi raccontare ed ascoltare storie così?

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