sabato, dicembre 29, 2007

Appuntamento al cinema
Come tutti il 26 dicembre io e il beneamato gonzorte siamo andati al cinema e ci siamo visti "Leoni per agnelli", trionfatore al festival di Roma e secondo me proprio un bel film. Un esempio di come non sia facile prendere una posizione, specialmente quando le nostre scelte hanno degli effetti che ci costringono a portarle fino in fondo.
La storia si svolge tutta in un giorno e abbiamo una giornalista che, da idealista che era, si trova a fare i conti con un network diretto dall'alto della politica, un professore che spinge uno dei suoi allievi a rendersi conto delle sue potenzialità e la storia dei sue due ex allievi, che hanno portato le loro decisioni fino all'estremo, il tutto in un'America che lascia soli i suoi soldati perchè non è più d'accordo sulla guerra di Bush....
Non è un film d'azione, solo dialoghi principalmente, ma insomma quando i tre attori principali sono la Streep, Redford (che è anche il regista) e Cruise, direi che ci si può stare.
Altro tipo di film, ma decisamente bello anche questo è l'ultimo Cronemberg con "La promessa dell'assassino". Tempo fa il gonzorte, amante di questo regista mi aveva portato a vedere Existenz, ecco da quel momento mi ero riservata di non accettare altri film dello stesso regista, la mia sopportazione allo schifo è decisamente limitata.
La storia è quella di una levatrice inglese di origine russa che assiste alla morte di una ragazza e cerca nel suo diario informazioni per riportare la bambina alla famiglia di origine, peccato però aver chiesto la traduzione alla persona sbagliata.
Un noir di quelli veri, come da tempo non se ne vedevano o almeno non li ho visti io, resta sempre il problema che con un film di Cronemebrg io mi ricordo perfettamente perchè non ho fatto medicina. Ottima prestazione di Naomi Watts e Vincent Cassel, che io trovo più bello di sua moglie, ma un discorso a parte merita Viggo Mortensen e la scena della sauna, chi ha orecchie per intendere intenda e gli altri in camper.
Insomma sotto l'albero due bei film che vi consiglio, per il resto del tempo dico solo che ho ricevuto circa 25 libri nuovi per Natale (finalmente), quindi a presto su questi schermi!

sabato, dicembre 22, 2007

Di gialli e di neri
Come ultimo (forse) post prima di Natale, ne faccio uno cumulativo su due gialli letti ultimamente.
Il primo è "Il ritorno del poeta" di Connelly, uscito quasi da un anno, ma da me acquistato in edizione economica solo recentemente. Come si capisce dal titolo, torna il killer che rese famoso Connelly quasi dieci anni fa, e con lui il suo personaggio più famoso Harry Bosch, il detective, oramai ex, più sopra le righe di tutta la polizia di Los Angeles. Torna anche Terry McCaleb e sopratutto tornano Rachel e il poeta, ex profiler dell' FBI diventato poi rinomato serial killer. Bosch non perde il suo tocco e Connelly si legge sempre con piacere per il suo stile scorrevole, a ulteriore riprova del fatto che non servono sempre una serie di colpi di scena per rendere interessante e avvincente un giallo. Data la fine ci sono le premesse per un ritorno in grande stile nella polizia di Los Angeles del mio detective preferito, mi toccherà ricominciare a comprarlo in hardback per non dover aspettare.....
Il secondo è "Il libro dei morti" di Patricia Cornwell, anche qui un ritorno dei personaggi a cui siamo abituati: Kay, Marino, Benton e Lucy, spostati a Charleston per un po' di pace, ma evidentemente Kay è un po' come la signora in giallo, dove va porta sventura. Una sagra degli stereotipi la prima parte del libro ambientata a Roma con tanto di carabiniere super piacione. Finalmente qualcosa si muove in quella palude di sentimenti che contraddistingue la situazione del triangolo Marino-Kay-Benton e intanto il solito serial killer sparge morti pressocchè ovunque. Non male, ma io sono particolarmente di parte per qualnto riguarda la Scarpetta, un po' come con Bosch, sembra sempre di ricevere aggiornamenti su vecchi amici che non sentivi da tanto. Se vi piace il genere......

giovedì, dicembre 20, 2007

Traduzioni insulse, la vendetta.

Qualche mese fa avevo recensito qui un libro non eccelso, ma interessante, precisando che non avevo ancora idea se fosse stato tradotto o meno.
Sono "lietissima" di annunciare che Einaudi continua la scia di sangue delle sue traduzioni, pubblicando Mother's Milk come "La famiglia Melrose".
E se il buongiorno si vede dal mattino...per fortuna che all'epoca avevano Pavese a tradurre Melville.

mercoledì, dicembre 19, 2007

Eisner/Miller "Conversazione sul fumetto" Kappa edizioni 19.00€

E così, nemmeno stavolta sono venuta meno alla mia proposizione di non comprare più fumetti, prima di tutto perchè questo libro ha solo un disegno ogni tanto (ogni tanto spesso, ma ogni tanto...) e poi perchè il libro l'ho preso in prestito alla mia mitica biblioteca Basaglia (quale nome migliore?).
Come si capisce già dal titolo, questo più che un saggio è una conversazione a due tra autori che hanno fatto la storia del fumetto e soprattutto hanno conosciuto, cooperato e lavorato con altri mostri sacri delle tavole, uno su tutti Kirby.
Eisner mi era meno conosciuto, almeno così pensavo, fino a che non ho capito che era l'autore di Spirit e un sacco di suoi disegni mi sono tornati in mente.
Per Miller dico solo: 300, Dark Knight e Sin City, probabilmente avrete visto i film oltre che avere letto i fumetti.
Non ci sono capitoli ma argomenti per suddividere questo libro, per esempio le chine e i colori, i formati, gli editor e il futuro. Putroppo Eisner è morto prima della pubblicazione dell'ultima revisione di questa "conversazione", ma sicuramente la sua legacy appartiene a tutti gli autori di ultima generazione a cominciare da McFarlane, IMHO.
Attraverso questi dialoghi arriviamo non solo a capire meglio i disegni e l'organizzazione che gli autori stessi danno alle tavole, ma ci sembra quasi di parlare e conoscere queste persone che secondo me, per alcuni versi, non solo hanno cambiato la concezione del fumetto, ma hanno avuto ripercussione anche sugli storyboard delle sceneggiature e sulle sceneggiature stesse, nel perenne scambio di vedute tra fumetti e film.
Non è un libro solo per aficionados, anzi secondo me servirebbe a capire meglio anche un'epoca, ma sicuramente chi conosce i fumetti può comprenderlo appieno, gli altri potrebbero usarlo come strada per arrivare ad alcuni capolavori disegnati.
Io ve lo consiglio comunque, unico lato negativo è che la casa editrice l'ha fatto uscire con le pagine ancora attaccate in alto, ma come si fa?
Tutto sommato costa anche parecchio...

martedì, dicembre 18, 2007

Ve la ricordate la ballerina?
Quella che a seconda del verso vi rendeva pragmatici o sognatori?
Si è rivelata un'ennesima bufala, qui per tutte le spiegazioni del caso.
Se poi da queste parti passa qualcuno che volesse farmi un regalo [io sono la gonza bassa] e non ha proprio idee, la maglietta "Ode alla serotonina" si trova qui e può essere una perfetta scelta alternativa ad uno (o più) libri della lista che trovate nella colonna DESIDERATA in bassso a destra.
Lo sò questo è un post assolutamente autoreferenziale, ma almeno non vi ho appallato con la storia della scoperta della mia sessualità e i miei anni di terapia personale a seguito di una marea di storie finite a schifio, in fondo è quasi natale e mi sento decisamente più buona, non trovate?

domenica, dicembre 16, 2007

Divertissement: METODO CARSON – STEVENSON
Vi state annoiando in ufficio?
Abbattete la noia in modo intelligente e costruttivo accettando una di queste sfide.
*SFIDE DA 1 PUNTO*
1) Fai un giro dell'ufficio di corsa alla massima velocità.
2) Ignora le prime cinque persone che ti dicono buongiorno.
3) Porta la tua tastiera da un collega e chiedi 'Vuoi fare cambio?'
4) Per un'ora, rivolgiti a chiunque ti parli come se si chiamasse Ugo.

*SFIDE DA 3 PUNTI*
1) Lascia la cerniera dei pantaloni aperta finche' qualcuno te lo fa notare e digli 'Mi spiace, la preferisco cosi''.
2) Cammina lateralmente fino alla fotocopiatrice.
3) Di' al tuo capo 'Mi piace il tuo stile' e sparagli con le dita a pistola.

*SFIDE DA 5 PUNTI*
1) Inginocchiati di fronte alla macchinetta del caffe' e bevi a canna.
2) Alla fine di un incontro di lavoro, suggerisci che sarebbe bello, per una volta, concludere cantando l'inno nazionale (3 punti extra se davvero inizi a cantare).
3) Ripetere la seguente conversazione per 10 volte con la stessa persona: 'L'hai sentito? Cosa? Non importa, e' sparito adesso'.
4) Entra nell'ufficio di qualcuno che non conosci e, mentre ti guardano con crescente irritazione, accendi e spegni la luce per 10 volte.

Dopo i consigli per l'ufficio ... ecco quelli per il Supermercato ..
1) Recupera 24 scatole di preservativi e mettili a caso nei carrelli degli altri clienti mentre non guardano.
2) Programma tutte le sveglie del reparto casa in modo che suonino a intervalli di 5 minuti.
3) Lascia una striscia di succo di pomodoro per terra in direzione del bagno.
4) Avvicinati a un impiegato e digli con tono serio: 'codice 3 nel reparto casa'. E osserva la sua reazione.
5) Quando ti si avvicina una dipendente e ti chiede se ti puo' aiutare, inizia a piangere e chiedile 'Perche' non mi lasciate in pace?'.
6) Fissa la telecamera per la sicurezza e usala come specchio mentre peschi nel tuo naso.
7) Mentre guardi i coltelli da macelleria, chiedi alla dipendente se sa dove sono gli antidepressivi.
8)Vai in giro per il supermercato con aria sospettosa mentre fischietti la musica di Mission Impossible.
9) Nasconditi dietro i vestiti e quando la gente si avvicina per dare un'occhiata, di' a voce bassa 'prendimi, prendimi'.
10) Quando annunciano qualcosa al megafono, aggomitolati in posizione fetale e grida 'ancora quelle voci!! '.
11) Entra in un camerino e grida a voce alta: 'Hey! Non c'e' carta!!!!'
A questo punto, qual'è il vostro punteggio?

mercoledì, dicembre 12, 2007

La torre nera: La nascita del pistolero di Stephen King
Dark Tower: The Gunslinger Born, 2007,
Traduzione Pier Paolo Ronchetti,
Sperling & Kupfer Editori, euro 16,50
Inauguriamo un altro filone di recensioni e cioè quelle dei fumetti con una delle opere migliori che mi sia capitata per le mani ultimamente. La verità è che io mi sto disintossicando dai fumetti ormai da anni, per essere precisi sono quasi otto anni, perchè per il millennio ho chiuso tutte le mie collezioni, me le sono vendute e ci sono andata a Disneyworld, mi sembrava molto catartico.
Da quel momento faccio molta attenzione a non ricaderci, ma mi sono detta che stavolta in realtà non cominciavo una nuova serie, ma rileggevo una parte di una delle storie più belle del mondo attraverso dei disegni, e che disegni aggiungerei.
La storia di Roland di Gilead è lunga, complessa e se ve la volete leggere la trovate qui. Ho impiegato 22 anni a metterci un punto e non ho intenzione di riaprirla, anche questo è un modo di tenersi fuori da certi tipi di dipendenze.
Le tavole sono bellissime e IMHO rendono molto bene quella cupezza che pervade tutti e sette i capitoli della saga. Tra l'altro giusto per farvelo notare, anche Hary Potter è durato sette libri...
I primi anni dell'eroe del medio-mondo prendono un ordine cronologico, mentre nella saga tutto questo viene narrato nel quarto libro della serie, "La sfera del buio".
A prescindere dal fatto che poi voi la leggiate o meno questo racconto a fumetti è a se stante e non è necessario essere a conoscenza di altre parti della saga o dei libri per godersela così com'è.
Mi auguro anche io che non comincino ad utilizzare tutti i romanzi di King per farne dei fumetti, mi toccherebbe ricominciare a leggerli e cambiare il modo in cui mi ero immaginata i personaggi, un po' come purtroppo stanno facendo per Anita Blake.

martedì, dicembre 11, 2007

NATALE

Dialogo a due voci

Martedì 11 dicembre ore 18.00 presso la Biblioteca Basaglia

Via F. Borromeo 67 00168 Roma
tel/fax 06/61661863, tel 0645439330
c.coccia@bibliotechediroma.it


Intervengono

Cardinale Achille Silvestrini

Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali

Erri De Luca
Scrittore

Ingresso libero

domenica, dicembre 09, 2007

Liber Libri - Fiera della piccola e media editoria - Roma
Come potevo mancare? e infatti non sono mancata.
Finalmente dopo due anni di matrimoni per l'otto dicembre sono riuscita a tornare a quella che ogni anno mi sembra la giusta situazione prima di natale. Sì perchè a Natale si regalano libri, o almeno si dovrebbero regalare libri, esiste forse una cosa più utile in questo regno del superfluo? No.
Gli stand sono sempre di più e mi risulta strano considerare case editrici come Voland o e/o o Fazi come piccole, ma meglio per me che ce le ho trovate.
Spendo tra l'altro due buonissime parole per la Voland dove mi sono recata in pellegrinaggio e ho chiesto il poster di Amelie Nothomb autografato [ora in mio possesso!!!] e mi sono fermata a fare due chiacchiere con una delle ragazze presenti allo stand. Alla fine, nonostante la mia ammissione che non avrei comprato il libro in uscita a febbraio perchè l'avevo già letto in francese, mi ha anche regalato un altro libro; ora io non so come si chiama la ragazza ma vorrei pubblicamente ringraziarla per il bene che sparge per il mondo, specialmente quello che ha sparso su di me, grazie!
Ma la mia giornata di gloria non è finita qui, sì perchè stavolta ho avuto il coraggio di parlare con uno dei miei autori preferiti: Fabio Geda. Ho girato intorno al suo stand per una ventina di minuti prima di trovare il coraggio, ma devo ammettere che ne è valsa la pena. A parte il fatto che è stato non solo gentilissimo, ma pure simpatico, abbiamo chiacchierato per una ventina di minuti di libri, di Torino e degli scrittori in generale. Mi è rimasta una bella sensazione, come quella che mi ha lasciato il suo libro [già pluriregalato e pluriconsigliato], oltre al fatto che abbiamo concordato come, attualmente, sembra che se non scrivi qualcosa di terribilmente triste o pesante non vieni preso sul serio. Oltre a questo ero in brodo di giuggiole perchè ha detto che continua a leggere questo blog e avrebbe comprato "L'eleganza del riccio" per quello che avevo scritto a riguardo. E so' soddisfazioni.
Veniamo alle note dolenti, nonostante i fondi neri ho speso di nuovo un putiferio, ma ora annovero i due saggi sulla paraletteratura di Evangelisti che mi mancavano, le vignette di Mr. Wiggle da regalare assieme ad altri due libri sempre della Instar i cui proventi vanno al Banco Alimentare, un libro di Medina Reyes che mi mancava, un paio di libri per il gonzore dettati dal senso di colpa e i racconti di Carroll.
Ci vediamo alla prossima fiera del libro, e accorrete numerosi!

venerdì, dicembre 07, 2007

Banana Yoshimoto "Il coperchio del mare" Feltrinelli 10.00 €

Alla fine dell’estate chi è stato l’ultimo a uscire dal mare?
L’ultimo è tornato a casa senza chiudere il coperchio del mare
E da allora per tutto questo tempo il mare è rimasto scoperchiato
I ciliegi, le dalie, le creste di gallo i girasoli, le margherite e i papaveri
Perché continuano a fiorire
Ancora e ancora
In questo mondo senza te?

Questo è l'incipit del nuovo libro di Banana, travolgente immersione nelle sue rarefatte atmosfere giapponesi; ormai per me i suoi libri hanno il peso specifico dell'anima, parafrasando il famoso film, 28 grammi di leggerezza.
Non vuole essere una critica, ma da tempo non distinguo un suo racconto dall'altro, solo Amrita, perchè non mi è affatto piaciuto, rimane in qualche modo più impresso nella mia memoria.
I suo racconti di donne alla ricerca della loro essenza mi sembrano situarsi tutti lungo un continuum e proprio per questo si mescolano e si mischiano perdendo la loro unicità, ma a me piace così.
Ogni sua nuova opera diventa un'altro pezzettino del mio non ricambiato amore per il Giappone e diventa un ulteriore piccolo stimolo per il VIAGGIO che un giorno farò e per la permanenza che mi piacerebbe fosse decisamente significativa.
La trama è molto semplice e ve la copio da Internet: Dopo aver terminato gli studi a Tokio, Mari decide di abbandonare la vita frenetica della capitale per tornare nel suo paese natale. Un posto in riva al mare circondato dai monti, una località un tempo popolata da turisti e ricca di attività commerciali. Ma al suo ritorno la ragazza scopre una realtà fatta di tristezza e di abbandono. Le fabbriche hanno inquinato il mare tanto da distruggerne la fauna e la flora, i pescatori e i ristoratori hanno perso la materia prima del loro lavoro e la malinconia avvolge inesorabilmente i pochi residenti che sono rimasti in paese. Nessun ragazzo tornerebbe in un posto così, destinato ad un lento declino, ma Mari ha un progetto: aprire un chiosco di granite. Le sue sono delle granite particolari, senza i gusti tradizionali ricavati dagli sciroppi industriali, ma preparate usando i frutti delicati del territorio. Mentre Mari è impegnata a mettere in piedi la sua nuova attività, sua madre decide di ospitare per la stagione estiva Hajime, la figlia di una sua amica d’infanzia, che dopo aver perso sua nonna, sta attraversando un momento molto difficile. È così che il mondo di Mari e quello di Hajime si incontrano. La prima, una ragazza forte e combattiva, decisa a contribuire al miglioramento del suo paese, la seconda, fragilissima, sfigurata sin dall’infanzia a causa di un incendio.
E' il mare il terzo personaggio del libro, una distesa che porta in sé la ricchezza dei pesci e dei coralli, ma anche il ricordo di un periodo di abbondanza ormai passato. Il mare che mette in moto il sangue e i pensieri di Mari e Hajime, alimentando le loro aspettative e sedando le loro piccole delusioni, donando alle due ragazze il sollievo necessario per ricominciare una nuova vita.
Che dire più di così? Non si riesce a rendere la leggerezza dell'ineffabile quindi un suggerimento venale è che ve lo facciate regalare per Natale, tutto sommato 10 pleuri non si negano a nessuno, oppure, se mi assomigliate e aspettare non è il vostro forte, accattetevillo.

mercoledì, dicembre 05, 2007

Sushi for beginners - M. Keyes - in prestito

Dato che il livello culturale di questo blog è davvero alto e il morale GA inversamente proporzionale, risolvo queste bieche questioni di equilibrio esterno-interno, recensendo il secondo libro da me letto della (ormai per me) necessaria e "leggera" Marian Keyes.
Sushi for beginners, lungi dall'essere una piccola crema perfetta come
Rachel' s Holiday, è il classico librotto da metropolitana.
Tipicamente "da femmine" e farcito di quella psicologia spicciola da amica e da divano che tanto ci piace (non parlavo di amica psicologa, GB!!!), traccia in un anno la storia di tre donne più qualcun'altra di contorno e di una rivista patinata.
Lisa, una workaholic incolta, ma furba e graziosa, convinta di esser promossa dalla sede di una casa editrice di Londra per raggiungere la New York dei suoi sogni in un simil-Vogue, si vede invece affidare l'incarico di direttrice di un nuovo femminile a …Dublino.
Piccata e inviperita, completamente ignara di cosa sia l'Irlanda, troverà una redazione sui generis (tra cui Ashling, una delle protagoniste), una richiesta di divorzio dal suo ex marito, vicini interessanti e…una rivista che prende forma sotto i suoi occhi, insieme a varie ed eventuali relazioni.
Con un occhio divertito sul mondo delle fashion victim e un altro sul boom economico irlandese (il romanzo è ambientato a qualche anno fa) si ride, ci si ritrova e si aspetta il lieto fine (che per alcuni non sarà cosi' lieto) senza grossi traumi per le capacità intellettive, ma con un bel sollievo per l'umore, grazie al peso specifico della storia.
Il motivo del titolo…non si scopre se non nelle ultime pagine.
Forse è consigliabile aspettare la stagione della crema solare, ma se volete far volare una domenica pomeriggio fredda e piovosa...

martedì, dicembre 04, 2007

Nella pancia della balena/astronave V

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. CeciliaDirettore Antonio Pappano – 28 Novembre 2007 - Recensore esterno YARI
Programma:G. Rossini (Pesaro, 1792 – Parigi, 1868)
Guillaume Tell
Opera in 4 atti in forma di concerto
Ellie Dehn, Norah Amsellem Soprani
Laura Polverelli Mezzosoprano
J.Osborn, Vincent Ordonneau, Celso Abelo Tenori
Jérome Varnier Baritono
Michele Pertusi, Alex Esposito, Frédéric Caton, Darren Jeffrey, Davide Malvestio Bassi
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. CeciliaDirettore del Coro Norbert Balatsch
Direttore Antonio Pappano

E qui ci voleva coraggio, perché già dal concerto precedente avevano cominciato a metterci sull’avviso ‘Gentili abbonati, per permettervi una più agevole visione dell’opera, della durata di 4h 4, abbiamo pensato di proporvi una degustazione di tramezzini Rossiniani’ ma va da via l’oboe...vabbè, però le 4h ore erano un dato di fatto. Così prima di andare là ho fatto training autogeno, ‘ce la faccio ce la faccio’, è ho preso anche un caffè alle 5 per sfruttarne l’effetto. Dopo lunghe code per lavori e blocco della città da parte dei simpatici, come una colica, taxi romani (ve possino), dopo Emily Dickynson (ma questa è una storia diversa) alla radio, sono arrivato, mi sono seduto, al mio posto, nella pancia della balena, ho aperto il libretto e sono rimasto a bocca aperta, come un manga giapponese quando ha appena ricevuto una martellata in testa, o una notizia bruttissima, con due cerotti incrociati al posto degli occhi, leggendo: Opera in 4 atti in francese con sovratitoli in italiano Nooohhhhhooooooo (detto con la voce dell’omino focaccina), mio dio.
Mentre pensavo questo è arrivato il buio in sala ed è parita l’overture arcinota, bhè che dire, io ho già scritto altrove che l’overture delle opere è come l’incipt di un libro, può fare davvero la differenza il modo in cui qualcuno ti prende da dove sei e ti porta in un posto ed in un tempo ‘altri’. Quello del Guglielmo Tell è un modo bellissimo di portarti via e loro l’hanno suonata meravigliosamente. Da lì in poi è diventato un esercizio di concentrazione e di goduria: Occhio sui sovratitoli in italiano per capire che diavolo succede, dopo di che lettura quasi braille (visto la scarsissima luce in sala) del libretto francese per seguire il canto e, infine, abbandono alla musica. La mia vicina ha cominciato a russare dopo la prima mezz’ora del primo atto ed ha pensato bene, anche per noi, di abbandonare alla fine dello stesso. Io alla fine del primo atto cominciavo a capire nuovamente il francese senza bisogno dei sovratitoli. Insomma, stavolta la faccio breve: Alla fine delle 4h, in un giorno lavorativo, io sono rimasto sveglio e piantato sulla mia poltrona e il finale dell’opera mi ha inchiavardato lì con un magone fortissimo. E dire che si raccontava della poco credibile ribellione dei cantoni svizzeri all’oppressore e di un amore detto in francese… ma quanto deve essere bella la musica e quanto prefetto il canto per permettere una cosa così? Quanta bravura ci vuole per farti appassionare alla rivolta messa in atto da un popolo meglio, per non dire quasi soltanto, noto per cioccolatini e banche? Tant’è, così è. Ancora una volta ci si è stupiti del Coro, che prende ovazioni alla pari dei più quotati interpreti solisti e dell’orchestra, come sempre, davvero sorprendentemente unitaria nelle orchestrazioni ricche di parti veloci e ritmate. Dei solisti ne sono usciti alla grandissima Vincent Ordonneau nel ruolo di Rodolfo, davvero una gran bella interpretazione riconosciuta dal pubblico, e più prevedibilmente, visti i ruoli: Michele Pertusi (Guglielmo), Jhon Osborn (Arnold Melchtal), Frédéric Caton (Melchtal) ed Ellie Dehn (Jemmy), ma sono stati tutti quanti su livelli davvero alti. Tornato a casa ho cucinato qualcosa e non ho neppure pensato di accendere la televisione, a cosa serve quella scatola stonata quando puoi raccontare ed ascoltare storie così?

lunedì, dicembre 03, 2007

Muriel Barbery "L'eleganza del riccio" ed. e/o 18.00 spesi bene

Come preannunciato ecco qui il post sul libro più bello che mi sia capitato tra le mani da anni, e vi assicuro che non sono pochi. Probabilmente me l'avete visto già scrivere parecchie volte, ma questo post annulla i precedenti.

L'eleganza del riccio o il mondo visto dalla guardiola di una portineria di un elegante condomino francese, che diventa specchio e finestra sulle debolezze umane, con due giudici d'eccezione: Paloma, dodicenne disincantata il cui QI fa sfigurare quello di chiunque altro e Renèe, la portinaia che cita Proust, affascinata dai film giapponesi e che riconosce alle prime note l'Enea e Didone di Purcell.

Un microcosmo che viene turbato dall'arrivo del Sig. Ozu, giapponese con tutti i crismi che riconosce e toglie le maschere ad entrambe, permettendo loro di essere, per la prima volta, veramente se stesse.

Un libro narrato a due voci, si alternano quella di Renèe e quella di Paloma, anche il carattere è diverso proprio per non farci cadere in errore per quanto sono simili le loro visioni del mondo che le circonda; stupende alcune frasi che emergono dalle riflessioni delle due donne: "...la gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia".

Due personaggi che cercano a tutti costi di non allontanarsi dai loro clichè in modo da poter vivere in pace negli spazi che si ritagliano all'insaputa degli altri. Il dialogo tra Paloma e lo psichiatra della madre vale da solo tutti i soldi del libro.

"Chi semina desiderio raccoglie oppressione" afferma Renèe citando Marx, ma solo quando è convinta che il suo interlocutore non la possa capire, mentre le pagine del diario di Paloma ci fanno vedere il mondo attraverso gli occhi di una dodicenne aspirante suicida il cui distacco dalle cose del mondo sembra già pari a quello di un monaco tibetano, con diversa soluzione.

Cita Husserl la portinaia e guarda i film di Ozu, il grande cineasta, che conosce il concetto di “wabi”, che vuol dire “forma nascosta del bello, qualità di raffinatezza mascherata di rusticità”, mentre Paloma disserta sulle profondissime differenze d'impostazione e di scopi tra gli scacchi e il go.

Renée e Paloma riescono a spacciare letture colte, cinema di élite e teorie filosofiche, senza la minima pedanteria, probabilmente io mi sono accorta di un decimo delle citazioni, lasciando che il libro continui a scorrere senza incontrare nemmeno un ostacolo.

Spero di avervi convinto a comprarlo, al massimo fatevelo regalare per Natale, perchè ne vale proprio la pena. Se volete, fatevi anche un giro qui.

giovedì, novembre 29, 2007

La speranza indiana di Federico Rampini - 15 iuri scontati alla Feltrinelli - Strade Blu.

Più voci amichevoli mi hanno detto che questo era un libro un po' particolare per superare il blocco del lettore (che la mia socia GB credo non abbia mai conosciuto e che invece per me è stato causa prima della recente latitanza da questi lidi).
Io ho una teoria differente. In caso di blocco qualunque libro ti chiami dallo scaffale è quello giusto, che sia il "Manuale di costruzione di un biplano nel tuo salotto" o la Bhagavadgita.
E "La speranza indiana" mi ha chiamato a voce alta. Sarà stata l'immagine di copertina (ho un debole per l'iconografia indiana) o il mio interesse spiccato per questo Stato cosi' contradditorio e antico, sta di fatto che magicamente, la mia pigrizia mentale si è diradata.
E a ragione.
Non sono un'economista, né purtroppo, molto ferrata sulla storia dell'India, ma il modo di scrivere di Rampini, di cui vi consiglio anche altre sue creature (Il secolo cinese, L'impero di Cindia, L'ombra di Mao) è quanto di più diretto e semplice si possa desiderare, per un testo che non è un romanzo, né un reportage in senso stretto, ma un mini-saggio.
Forse appena troppo entusiastico (ho compensato con un articolo di Arundhati Roy riportato dall'Internazionale, decisamente più pessimista), ma interessante e ricco di storie personali che chiarificano i concetti, "La speranza indiana" ti fa venire voglia di approfondire l'argomento e leggere tutto cio' che possa essere collegato alla evoluzione, veloce, ma non priva di anima né resa impersonale da un regime, della nazione indiana.
La nazione che, secondo le statistiche riportate nel libro, sarà in capo a qualche decennio, la più giovane e lanciata economicamente del mondo, anche perché è già la più ottimista.
Buona lettura!

mercoledì, novembre 28, 2007

Dal Codice della strada (ma voi lo sapevate?)

Art. 7. Regolamentazione della circolazione nei centri abitati

"..... I divieti di sosta si intendono imposti dalle ore 8 alle ore 20 salvo che sia diversamente indicato nel relativo segnale....."
Della serie, in citta' dopo le 20 se non c'e' il cartello "Anche di notte" o "0-24" sotto il divieto di sosta, si puo' parcheggiare tranquillamente!
Tenete conto però che il divieto di sosta e fermata è permanente!

lunedì, novembre 26, 2007

Di libri e film

Ammetto che da un po' di tempo, diciamo pure una decina di giorni, non mettiamo più recensioni di libri, per nostra grandissima colpa.
Questo però non significa che da queste parti si sia smesso di leggere, nel mio caso sarebbe più facile smettere di respirare.
Il problema è che mi si sono accumulati molti libri letti recentemente e addirittura due film sul filone Uber Vaccata che di solito mi rappresenta, come ben affermato dall'amico Beemoth.
Partendo dai libri c'è stato l'ultimo inquisitore Eymerich, che ne "La luce di Orione" è tornato in grande e splendida forma alla sua lotta contro l'eresia e i francescani, un cult, ma è inutile sottolineare che il personaggio si è costruito libro su libro e questo è, credo, il nono volume che lo vede come protagonista, quindi se fossi in voi, comincerei dal primo.
Siamo passati poi a "Seta", causa concomitante circolazione del film, e insomma...Baricco proprio non è nelle mie corde, così è. "Come un libro che parte con grosse premesse si trasforma in un libello pretenzioso". Sicuramente sono io che non lo capisco, strano pero', tutto quello che ha a che fare con il Giappone solitamente mi piace di default, e invece addirittura l'ultimo Limes mi è sembrato più carino e più interessante....
A questo punto si è poi intromesso Jason Bourne, the ultimatum: un capolavoro. Se i primi due capitoli della trilogia vi sono piaciuti questo è il degno coronamento del tutto e a parer mio avrebbe meritato un post a parte, anche se per i nostri lettori non posso certo spingermi a dire che sia un bel film tout court.
Ho poi finito "Una solitudine troppo rumorosa" di Hrabal, assurto a rango di must tra le letture. Bello, bello, bello. Capisco Hanta, con la sua cultura a tratti, con le sue voci interne, con i suoi sistemi di messaggi, con il suo distillato di memorie e ricordi. Li conosco quelli come noi, quelli autistici che non si sentono mai soli perchè sono pieni di voci e racconti e pensieri e musiche.
Arriviamo all'ultimo Camilleri, come poteva mancare?
"Voi non sapete" è una storia della mafia in breve, ricostruita attraverso i pizzini di Bernardo Provenzano. Camilleri ci è riuscito di nuovo; è riuscito a scrivere una bella storia, per quanto agghiacciantemente vera, con un pretesto strano, i foglietti di carta che il capomafia utilizzava per dialogare con i suoi sottoposti. Meglio di quanto sembra, un condensato di Gomorra, anche se sulla mafia e non sulla camorra, resta il solito amaro retrogusto di essere italiani e in parte compiacenti, perchè la verità è che la mafia da tempo non è solo in Sicilia e la mentalità omertosa si sparge come un virus silente.
Concludiamo con l'uber vaccata per eccellenza: "Beowulf", questo film, personalmente mi ha fatto un po' schifo, prima di tutto perchè non pensavo che fosse con l'animazione 3D che proprio non mi piace, (sullo stile Final Fantasy se ve lo ricordate).
Realizzato benissimo, con tanto di draghi, streghe, principesse ed eroi, ma proprio non mi ha preso anche se gli ingradienti c'erano tutti. Peccato, solitamente questo tipo di film mi fa impazzire, ma c'è qualcosa di dissonante in Beowulf, forse un tentativo di rendere umano un eroe millantatore di ca$$ate che poi gli si sono ritorte contro.

giovedì, novembre 22, 2007

Un uomo, un genio
Ecco a voi la migliore produzione francese dopo i formaggi a pasta molle.
Lo trovate anche qui, qui e qui.

mercoledì, novembre 21, 2007

Libreria Feltrinelli - Via Appia Nuova

Ieri, credo per la seconda o la terza volta in vita mia, sono entrata in una libreria e ne sono uscita senza spendere un centesimo. L'occasione di questa stupefacente esperienza (ma anche un po' triste se vogliamo), è stata l'inaugurazione della nuova Feltrinelli a via Appia Nuova (Roma).
In occasione dell'evento c'era addirittura un'orchestra, ma soprattutto c'era Jonathan Coe intervistato da Stefano Benni e a questo punto, vista la mia passione per Coe e quella di stupendoboy per Benni, non si poteva mancare.
Evidentemente siamo stati proprio gli unici a pensare di andare, considerato che dentro la libreria la densità era di dieci persone per metro quadro, il che è bastato per farmi desistere dal comprare alcunchè, questo e il fatto che alla cassa c'era una fila che nemmeno ai benzinai prima dello sciopero.
La libreria è la classica Feltrinelli, niente di nuovo sul fronte occidentale, Coe è sceso dal taxi dietro di me e l'ho visto solo di spalle perchè stavo leggendo, e Benni nemmeno l'abbiamo intravisto. Peggio ancora, stupendoboy non ha nemmeno comprato il suo nuovo libro, sempre per i succitati motivi.
Vi chiederete...che ve lo racconto a fare se si è risolto tutto in un nulla di fatto?
Perchè, mentre aspettavamo Alca fuori dalla libreria, è uscito niente meno che... ERRI DE LUCA. A questo punto la tachicardia ha preso improvvisamente il sopravvento e come al solito mi sono limitata a guardarlo, mentre venivo ripetutamente sollecitata ad andare a dirgli qualcosa.
Ma che vuoi dire al tuo scrittore preferito la cui principale qualità ai tuoi stessi occhi è che sia forastico? Niente, come al solito niente, ma improvvisamente tutto il pomeriggio si è risolto in un successo strepitoso.
Che volete fare, ci vuole veramente tanto poco a farmi felice...

lunedì, novembre 19, 2007

Ci preme segnalarvi questo Convegno che si terrà domani a:

Roma, Campidoglio - "Sala Giulio Cesare"Martedì 20 novembre, h. 9.30
Contatti Informazioni: Comitato Giù le Mani dai Bambini


ax: 011.19711577 - cell: 338.7478239

Relazioni media:Sec & Associati (Roma)tel: 06.3222712

Iscrizioni ECM:Ufficio Formazione Azienda Policlinico Umberto1 formazione.ecm@policlinicoumberto1.ittel: 06.4997.7694/5/8 - fax: 06.4667.7696

domenica, novembre 18, 2007

Marcela Serrano "I quaderni del pianto" Feltrinelli 12 euro.
recensore esterno: mammonza
Troppo bello per essere vero! dopo aver letto negli ultimi tempi libri belli ma catastrofici, libri che iniziano con una trama triste e tu lo leggi sempre con la speranza che poi alla fine volga al bello e alla fine rimani sconsolata, bè qui rimani non dico contenta ma almeno ottimista!
In fondo, però, forse alla fine ti viene il dubbio che sia un finale troppo semplice e risolutore, ma ben venga! Il pregio del libro per me è stato che mi ha fatto venire il desiderio di leggere altri testi dell'autrice cilena, e questa è una buona cosa.
Quanto è simile ad Isabell Allende? Certo ci sono molti punti in comune e sono certa che la Serrano ne sia un'attenta lettrice; il suo scrivere è però più asciutto e lo svolgere dei fatti ridotto al minimo indispensabile; come se la scrittrice ci dicesse: volevo raccontarvi questo fatto di cronaca dall'inizio alla fine e non volevo che vi distraeste con qualsivoglia non indispensabile descrizione.
Debbo dire infatti che per farlo ha utilizzato solo 125 pagine; la stessa storia in mano ad altri autori di mia conoscenza ne avrebbe richieste tre volte tanto. La trama? la ricerca di una bambina desaparecida ......, non vado avanti, rileggetevi come ho iniziato la recensione.

sabato, novembre 17, 2007

Appello

Vuoi che l'agroalimentare, il cibo e la sua genuinità siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e qualità, sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da OGM?

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Sono già stati raccolti più di 3 milioni di voti!

Hai tempo fino al 9 dicembre

venerdì, novembre 16, 2007

Ritmi di teatro e Dissolvenze
Presentano
IL SOGNO DEL SOLDATO
Da IL SOLDATO TANAKA, di Georg Kaiser
Regia di DIEGO PERUGINI E BEATRICE SIMONETTI

REPLICA DI BENEFICENZA all'Istituto Superiore Antincendi
sabato 17 novembre

Il Sogno del soldato è la rielaborazone del testo Il soldato Tanaka, di Georg Kaiser, autore massimo dell’espressionismo tedesco.
Scritto nel 1940, Il soldato Tanaka è uno degli ultimi lavori di Kaiser che morirà cinque anni più tardi in Svizzera.

Una storia semplice, raccontata dall’autore con l’ingenuità e il candore di una parabola.

Nel Giappone rurale, dove i contadini in mancanza d’altro si nutrono di radici sterrate, Tanaka torna presso il villaggio nativo, in visita alla sua famiglia povera che inspiegabilmente accoglie il buon figliolo con libagioni prelibate. Il clima gaio e pastorale lascia solo intravedere segnali d’inquietudine allorquando Tanaka chiede di Yoshiko, sorella minore promessa in sposa al suo amico e commilitone Wada, ricevendo dai genitori una vaga e imbarazzata risposta.
Il pasto in suo onore viene consumato in un clima d’euforia ed esaltazione sublimato dai racconti di Tanaka e Wada sulla magnificenza dell’Imperatore.
Tempo dopo, in un bordello dove con i suoi compagni di battaglione si trova a festeggiare una licenza premio,Tanaka il giusto, Tanaka l’ingenuo vedrà il suo mondo crollare. Le sue certezze si sgretolano di fronte al grande inganno, sua sorella venduta come prostituta dai genitori in cambio dei soldi per il lauto pasto che ha accolto il ritorno a casa del fratello soldato.
Il disinganno diventa allora vendetta, fratricidio, uccisione di un superiore.
Il lungo dibattimento sancisce la colpevolezza di Tanaka e ne decreta la morte.
Il suo valore e le circostanze che l’hanno indotto al gesto potranno tuttavia salvarlo, se chiederà scusa all’Imperatore.
Un lungo e struggente monologo finale chiuderà l’esistenza del soldato Tanaka, apolide senza più senso di appartenenza, consapevole dell’impostura dell’Imperatore e del suo grande inganno.

Prototipo dell’Idealismo tedesco, Tanaka incarna tutte le virtù del buon soldato. Leale, generoso, saggio, esprime nei suoi postulati la fede cieca nell’esercizio del Bene in un ordine sociale immutabile dove, speculare alla miseria dei contadini, si erge la potenza dell’esercito, magnifica emanazione dell’Imperatore.
Il sovrano, terminale e tramite divino in una struttura ascensionale dove anche la miseria e l’ingiustizia hanno una funzionalità positiva, è sempre al centro dei racconti di Tanaka. Nel furore mistico che accompagna le iperboli visionarie del soldato non è difficile scorgere un evidente riferimento alla gioventù hitleriana (il testo è del 1940, prima fase della Guerra Mondiale, quando la Germania avanzava incontrastata alla conquista dell’Europa).

Pur nella piena adesione all’impronta antiautoritaria e antimilitarista del testo originario, la messa in scena cerca il suo nucleo nel processo visto come contrapposizione fra l’Uomo Tanaka, ormai nudo in quanto spoglio delle sovrastrutture sociali (onore, lealtà, ubbidienza) e quella che un tempo era stata la sua Comunità. Egli non muore per l’uccisione del graduato, ma per il suo rifiuto a chiedere scusa rientrando così nei ranghi di un sentire comune in un luogo comune.
Tanaka lo straniero, scorge nei tratti cangianti dei suoi giudici le sembianze di quel mondo al quale un tempo appartenne e che ora, nel momento del congedo, saluta con le parole di Sartre “… Addio bei gigli, così delicati nei vostri piccoli santuari dipinti, addio bei gigli, nostro orgoglio e nostra ragion d’essere, addio, addio. Schifosi.”

mercoledì, novembre 14, 2007

Teatro Eliseo di Roma - La Mandragola
Quest'opera scritta da Machiavelli mentre era in esilio per aver complottato contro i Medici è una delle ennesime dimostrazioni che "Il fine giustifica i mezzi".
La storia, risaputa, è quella che permette a Callimaco di andare a letto con la moglie di Nicia, proprio con il beneplacito di quest'ultimo, ed è veramente divertente.
Gli attori sono molto bravi, su tutti proprio Nicia, Ugo Pagliai, il classico fesso che si crede un gran furbone.
Mi ha di nuovo deluso il teatro Eliseo che nonostante la ristrutturazione non è stato dotato di adeguata distanza tra le poltrone (nonostante io sia la gonza bassa avevo comunque le ginocchia in bocca, non ho proprio idea di come avrebbe fatto la socia alta); inoltre non si è pensato di dotare la struttura di un numero congruo di toilette per piano (non è carino trascorrere tutto l'intervallo in piedi e in fila) non da ultimo, ma forse quest'ultima cosa si può imputare alla mia influenza sottosoglia, ho sentito molto freddo.
Se vi capita di voler andare a teatro ve lo consiglio, è un evergreen, se invece preferite, non muovervi da casa, c'è una versione televisiva con Totò nelle vesti del frate. Veramente machiavellica la disquisizione di frate Timoteo che, per convincere Lucrezia a bere la pozione di mandragola (per ottenere ducati in beneficienza) e a giacere con un altro uomo, si arrampica sugli specchi e le assicura che, essendo il fine ultimo concepire un figlio e dare discendenza ed onore al marito, anche Dio avrebbe benedetto il fatto..... e tutti vissero felici e contenti!

lunedì, novembre 12, 2007

Auditoriun di Roma - Una domenica bestiale
La premessa d'obbligo è che questo fine settimana mi sono nati due, e dico ben due, nipotini: Angelica e Luca (in rigoroso ordine di apparizione) quindi prima di tutto un benvenuto a loro e un bacione alle stanche mamme. Detto questo, non perderò molto tempo rispetto a quanto accaduto dopo la morte di Gabriele, tifoso, ad opera di una guardia dal grilletto facile, purtroppo è quello che capita a dare la divisa a degli esaltati, speriamo solo che non si faccia la fine dell'inchiesta di Genova per Carlo Giuliani.
Ieri pomeriggio invece, all'oscuro dell'intero delirio, io e il mio compagno di avventure musicali siamo andati all'auditorium a sentirci Bollani che suonava niente di meno che la Rhapsody in Blue di Gershwin, non so se mi spiego.
Si inizia con la Jazz Suite di Erwin Schulhoff e quindi con un'ottima sorpresa. Già pronti a sorbirci l'ennesimo pappone cacofonico di musica contemporanea rimaniamo piacevolmente colpiti e anche un po' stupiti, insomma lasagne quando ti aspetti un panino.
Dopo, entra il pianoforte, e con lui il maestro. Capelli lunghi, camicia rossa fuori dai pantaloni e un paio di battute giusto così, per metterci a nostro agio. La sua versione della rapsodia è fantastica, al punto tale da scioccare anziane signore sparse ovunque che: "...ma insomma, così non si è mai sentita!" Già signora mia, ma ci sarà una ragione, come ricorda il buon Yari, per cui la prima volta fu lo stesso Gershwin a suonarla.
Possiamo ridurre il tutto alla parola IMPROVVISAZIONE, che non è una buona ragione per spaventarsi, ma tant'è, il mondo è bello perchè è vario ["Lei non trova che Verdi sia così bandistico?"e questa la capiamo in due].
Come se non bastasse, tra un applauso e l'altro (si rischia di superare il record dei 40 minuti di applausi a Zubin Metha) il nostro amatissimo Bollani infila anche una versione decisamente sincopata di Per Elisa e altro, sul quale io e Yari stiamo ancora discutendo.
Si arriva all'intervallo, e ve lo dico per me già era sufficiente così, ma quando si è fortunati non ci si tira indietro e il proseguio era la sinfonia n.9 in Mi minore op.95 di Dvoràk, meglio conosciuta come la sinfonia "Dal nuovo mondo", ora forse così non vi dice niente, ma il suo leitmotiv è famosissimo.
Che volete, se è vero che le sfighe capitano tutte assieme c'è da dire che certe coincidenze fortunate fanno ben sperare; per esempio, dopo tutto questo, abbiamo lisciato di cinque minuti gli incidenti a ponte Milvio e siamo arrivati a casa senza problemi, nonostante le belve in libera circolazione per Roma, ma questo è il risultato di panem et circenses quindi vedetevela voi.
Per quanto ci riguarda, questo stesso concerto verrà riproposto mercoledì prossimo su radio tre, vi consiglio vivamente di non perderlo per nessuna ragione al mondo
RADIO3 SUITE - IL CARTELLONE
MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2007ORE 21.00
ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA- Stagione Sinfonica 2007 - 2008 in diretta dal Parco della Musica in Roma Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia direttore, James Conlon; pianoforte, Stefano Bollani musiche di Schulhoff , Gershwin e Dvorak .

sabato, novembre 10, 2007

Helloween - Gambling with the devil
Ad un paio di anni di distanza dall'uscita di The legacy, che del Keeper of the seven keys aveva solo il nome, i nostri eroi fanno uscire un nuovo disco di inediti che li proietta in un'era di rinnovata giovinezza. Speed poco anacronistico e musica che ascoltarla è un piacere (IMHO).
A questo punto il 27 novembre tocca tenersi liberi per il concertone che si terrà a Roma (sembra con i Gamma Ray, altra band di non facile consumo ma sicuramente apprezzabile), con la certezza che la mia speranza resta sempre quella di poter ascoltare Dr. Stein o I want out oltre che i 13 minuti di Halloween o di Keeper.
Forse voglio decisamente troppo. Posso sempre tornare a Live in the U.K., fare come Wayne e sentirmi di nuovo un'adolescente inquieta....nel mentre, questa è la tracklist del nuovo disco, vi consiglio quello doppio con le bonus tracks:
CD 1:
1.Crack The Riddle (Intro)
2.Kill It
3.The Saints
4.As Long As I Fall
5.Paint A New World
6.Final Fortune
7.The Bells Of The 7 Hells
8.Fallen To Pieces
9.I.M.E.
10.Can Do It
11.Dreambound
12.Heaven Tells No Lies
CD 2 (Bonus Disc):
1. Find My Freedom (Japan Bonus Track)
2. We Unite (Bonus track)
3. As Long As I Fall - video (enhanced)
4. Trailer (enhanced)
Buon ascolto!!

venerdì, novembre 09, 2007

Ci piacerebbe che leggeste questo editoriale di Evangelisti, lo trovate anche qui:

Romania fa rima con etnia? di Valerio Evangelisti
L’identità dei rumeni è tale da rendere difficoltose le campagne d’odio razziste cui siamo ormai abituati. Sono di pelle bianca. Sono in maggioranza di fede cristiana (sia pure nelle variante greco-ortodossa). Parlano una lingua che discende in linea diretta dal latino. Fanno parte dell’Unione Europea.Non si possono applicare loro, insomma, i consueti alibi che giustificano il razzismo dilagante in questa porcheria di paese: lo “scontro di civiltà”, la “lotta al terrorismo”, la differenza di culture, e via delirando. I rumeni si chiamano così proprio per l’impronta lasciata loro dall’annessione a Roma – ammesso che simili argomenti abbiano un senso. Anzi, quando l’impero romano era ormai scomparso, là se ne teneva vivo un brandello. Dico questo per prevenire le obiezioni delle canaglie fasciste, sempre pronte ad asservire la storia per giustificare i propri delitti. Non vi serve cercare Dna particolari. La Romania era ed è più latina di quanto non lo sia l’ipotetica “Padania”. Se siete fascisti, siatelo fino in fondo. Se siete “padani”, andate affanculo. Da bravi barbari, vi bevete l’acqua del dio fiume, con larve annesse. Prosit!
Veniamo al caso che invade le cronache. Un rumeno, per la precisione un Rom, violenta e uccide una povera donna. Dove abito io, l’ultima violenza carnale di una lunga serie è stata commessa, se ricordo bene, da un calabrese ubriaco. Non mi risulta che, per questo, la Regione Emilia-Romagna abbia rotto le relazioni con la Regione Calabria, né che si sia scatenata una caccia al calabrese. Invece, se le cronache dicono il vero, il governo Prodi avrebbe richiamato l’ambasciatore in Romania. Non so se la notizia sia fondata, però ho visto Walter Veltroni, segretario del futuro Partito Democratikkko e sindaco di Roma, lamentare a Ballarò che i rumeni in Italia sono troppi (riecheggiando Beppe Grillo, altra brava persona), e rivendicare con orgoglio la distruzione delle loro baracche (dove siano finite le famiglie degli “sfollati” non si sa). Intanto, grazie anche alle indirette istigazioni dello stesso Veltroni, squadre di “giustizieri” sprangavano rumeni qualsiasi mentre, carichi di borse, uscivano da un supermercato, e distruggevano un negozio di “specialità dalla Romania”. Il Giornale applaudiva questa reazione spontanea delle masse. A mia conoscenza, mai il governo degli Stati Uniti ha convocato diplomatici italiani per rinfacciare loro ciò che stavano facendo, in territorio americano, gli affiliati alla Mano Nera o a Cosa Nostra. Pescava i colpevoli, se ci riusciva, e li sbatteva in galera. Solo da noi si fa ricadere un crimine su un popolo intero, e si prende a pretesto un delitto per criminalizzare una nazionalità nel suo complesso. Che i rumeni si consolino. Prima era già accaduto agli albanesi, ai nordafricani, ai polacchi, agli “slavi” in genere, ai meridionali. Nel Medioevo, i Veltroni di allora (o i Fini, o i Casini, o i Berlusconi, o i leghisti del tempo) imprecavano contro gli ebrei, che dissanguavano bambini cristiani. La - da me non tanto - compianta Oriana Fallaci inveiva contro i somali, rei di sporcare Firenze. Ogni epoca ha il suo stronzo, e la sua vittima.Tornando ai rumeni, delinquenti per vocazione genetica, cos’abbiamo fatto noi a loro? Una qualche reciprocità esiste.Era appena caduto il regime di Ceausescu e già migliaia di “imprenditori” italiani (chiamiamoli con il loro nome: “padroni” e “padroncini”) si fiondavano in Romania, come in altri paesi dell’Est, alla ricerca di manodopera sottopagata. L’avvilente epopea di questi tristi avventurieri è appena stata narrata da Andrea Bajani in un bellissimo romanzo, altamente consigliabile: Se consideri le colpe, Einaudi, 2007. I “portatori di progresso” italiani si rendevano complici di un doppio crimine: togliere lavoro in Italia e instaurare lavoro schiavistico altrove. Intanto un paese, sottratto a una dittatura ma lasciato nelle braccia del neoliberismo più brutale, assisteva a un degrado progressivo, e diventava tra i massimi esportatori di delinquenti e, soprattutto, prostitute. Nessuno, come i clienti di queste ultime, apprezza i benefici del capitalismo. D’altronde la merce è varia: un volo aereo e c’è, alla periferia di Timisoara, un bordello in cui sono in vendita minorenni dei due sessi. I padroncini vi si affollano. Fa comodo la miseria altrui, purché resti a casa propria. Se viene qua, si trasformerà in puro accidente o in scelta criminale. Che schifo! Che paese (o etnia, a questo punto?) di merda è diventato l’Italia!

giovedì, novembre 08, 2007

Nella pancia della balena/astronave III: recensore esterno YARI

Dimenticata la patina dell’esordio stagionale, la stagione sinfonica della prima orchestra d’Italia cerca la cosa più difficile, cerca la ‘normalità’ senza nomi di clamoroso richiamo, cerca di affascinare i suoi abbonati. Quelli che si siedono al proprio posto salutandosi. Vista l’indisposizione del maestro Jeffrey Tate, con un atto di fiducia ben ripagato, la direzione dell’orchestra viene affidata a Carlo Rizzari direttore in seconda dell’Accademia, 43 anni e, mi tolgo subito il pensiero, per quello che me ne capisco io, bravo, davvero molto bravo, mi è piaciuto soprattutto nelle parti più movimentate (che sono un punto di forza dell’orchestra).
Se dovessi riassumere in un titolo quello che ho ascoltato, sarebbe ‘musica per cuori rossi’.
In sostanza musica perfetta per fare innamorare qualcuno, musica da abbordaggio, musica fatta per evocare sentimenti e sospiri. A saperlo prima...uno magari si organizzava anche meglio, vabbè.
Parte prima, Ravel (che non ha scritto solo il Bolero, ma quello gli è rimasto cucito addosso come il Tenente Colombo a Peter Falck). Qua è tutt’altra cosa, una serie di 5 brevi pezzi, definiti infantili e scritti per essere eseguiti al pianoforte dai figli dei coniugi Cyprien.
Belli, una lezione di semplicità. Una lezione di quello che si può fare senza scegliere strade troppo complicate. Dei cinque pezzi ho preferito gli ultimi due: i Dialoghi della bella e la bestia (ascoltateli, è facilissimo capire quando parla l’una o l’altro o quando le due voci si fondono) e il lento arioso e fantastico Il giardino fatato. Quest’ultimo io lo immagino come sottofondo ideale dei quadri di Marc Chagall, tanto per capire qual è il grado di romanticismo di cui parlo.
La prima parte si chiude poi con il concerto per pianoforte ed orchestra di Aaron Copland .
Potrei parlarne per ore, potrei dirvi di come il pezzo è nato nel 1947 su commissione di uno dei più grandi Clarinettisti di sempre, Mr Benny Goodman, potrei tessere giuste e circostanziate lodi di Alessandro Carbonare, il solista di questa sera, e dirvi come l’orchestra si sia evidentemente divertita nel suonarlo, ma tralascerò tutto questo. Dirò soltanto che in principio è sentimentale come una dichiarazione d’amore sotto una pioggia di zucchero, poi tutto si ferma, il clarinettista suona da solo per almeno 20 battute e con un raccordo memorabile la butta clamorosamente in jazz, come se dopo quella dichiarazione, l’uomo felice corresse ad avvisare il mondo della sua felicità fischiettando...il secondo momento, per ovvi motivi temporali e strumentistici ricorda tantissimo la Rapsodia in Blue di Gershwin, il finale tira su applausi scroscianti convinti.
Uno qui si sarebbe potuto accontentare tanto tutto era già sufficientemente bello, ma se invece, come me, ha scelto di restare, non ha sbagliato.
La seconda parte del concerto è stata, infatti, dedicata alla settima, ed ultima, sinfonia di Prokof’ev. Sinfonia in do diesis minore tonalità non proprio frequentatissima nella storia della musica.
Prokof’ev mi piace molto, trovo che sia come leggere Pirandello, sai che non ti tradirà, sai che magari il linguaggio potrà sembrare superato ecc ecc, ma te ne freghi, ti piace e te lo ascolti/leggi e rileggi. Questa sinfonia assomiglia molto al suo ‘Romeo e Giulietta’ (senza raggiungerne però il livello) che ho avuto modo di ascoltare l’anno scorso, il romanticismo, la simmetria e la capacità di variare nel riproporre i temi ne fanno un’opera evidentemente matura e piacevolissima. Il movimento che mi è piaciuto di più è stato il terzo. Ho trovato bravissimi e molto impegnati, per una volta, i percussionisti allo xilofono ed al vibrafono. Anche qui l’orchestra ed il direttore c’hanno messo del loro, la musica è diventata, per una volta ancora, un bel vestito da portare in un’occasione speciale. Quando mi sono seduto, arrivato appena in tempo per colpa del lavoro e del traffico, avevo gli occhi rossi e stanchi, quando me ne sono andato, sono certo che in una qualche maniera stessero luccicando e che la mia cassa toracica trasparente mettesse in bella mostra un bel cuore rosso felicemente pulsante.
Programma: j. Maurice Ravel (Ciboure, 1875 – Parigi, 1937)Ma mere l’oye - 20’
Aaron Copland (New York 1900 – 1990)
Concerto per Clarinetto – 18’
S. Sergeevič Prokof’ev (Sontzovka, 1891 – Mosca, 1953)Sinfonia N.7 – 30’
Alessandro Carbonare Clarinetto Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia Direttore Carlo Rizzari

mercoledì, novembre 07, 2007

Cormac McCarthy "La strada" Einaudi 16.80 Premio Pulitzer 2007
Non avevo mai letto niente di questo autore e cominciare dal suo premio Pulitzer era ovvio e sin troppo scontato, ma io sono una persona conformista e di una sconcertante banalità, infatti ho anche rimesso la canottiera.
Questo breve romanzo è agghiacciante, e questo spiega la canottiera. Mai in così poche parole un autore era riuscito a descrivere l'apocalisse: un incrocio tra l'ombra dello scorpione, mad max e girlfriend in a coma, ma molto molto peggio.
Immaginate un uomo ed un bambino che camminano tra le strade deserte di città abbandonate e completamente ricoperte di cenere [futuro post-atomico], senza che si veda qualcosa di diverso o anche una minima speranza, anzi, ogni volta è peggio.
Mi chiedevo anche se per caso l'autore avesse mai sentito la canzone di Guccini "Il vecchio e il bambino", perchè me l'ha ricordata molto.
I dialoghi tra padre e figlio fanno stringere il cuore, proprio perchè è così semplice immaginarseli immersi in una spessa nebbia a camminare faticosamente nella cenere per spingere un vecchio carrello del supermercato che trasporta tutto quello che hanno. Le poche righe che tirano in ballo la madre arrivano come un pugno nello stomaco, uno di quelli che proprio non eri pronto e ti manca l'aria per ore dopo aver smesso di tossire quasi fino a vomitare.
Credo di aver dato l'idea e non aggiungo altro per non rovinare il "finale", però l'ultima cosa da dire è che è bellissimo, scorre come l'acqua e finisce subito, anche se le poche pagine per questo aiutano, indubbiamente. Prossimamente cercherò di comprare anche "Non è un paese per vecchi" e "Il buio fuori"; ho scoperto un altro autore che mi piace.....AIUTATEMI [da leggere con la voce di De Sica che interpreta il vigile Persichetti].

martedì, novembre 06, 2007

lunedì, novembre 05, 2007

Free-ignorance week end

La presenza degli amiconzi ha reso questo fine settimana lungo un momento, oltre che piacevole, pieno di mostre ed eventi.
Abbiamo cominciato con il rinnovato Palazzo delle Esposizioni, dove ce ne sono addirittura tre: Kubrick, Rothko e Ceroli.
Quella che riguarda il regista era indubbiamente l'esposizione più grande, ma l'ho scorsa abbastanza velocemente, con l'eccezione di un minuto di venerazione all'angolo Shining, dove ho capito che in ogni casa c'è bisogno di un'ascia.
Rothko mi è piaciuto tantissimo, specialmente quelli che vengono considerati i suoi quadri più austeri, mentre non conoscevo Ceroli, ma mi è piaciuto, per quel poco che ho potuto capire.
Il pomeriggio, con aggiunta della socia, abbiamo proseguito con Gauguin al Vittoriano, mostra decisamente troppo affollata per la location. Non c'è niente da fare, qualsiasi cosa si esponga lì perde tantissimo. Tra l'altro non sono un'amante del periodo delle isole, personalmente mi piaceva di più quando il suo stile era tipicamente impressionista e di queste tele non ce n'erano molte.
Il giorno successivo, un ottimo inizio con la panoramica "da Cranach a Monet " a Palazzo Ruspoli in via del Corso. Solo 57 opere, ma molto ben esposte, alcune poi mi sono piaciute proprio tantissimo. Le "Rose di eliogabalo" (sul quale invece la gonza alta si è ammazzata dalle risate), Monet e Pissarro su tutti (e per forza, gli impressionisti restano sempre i miei prediletti).
Nel pomeriggio abbiamo visitato alle Scuderie del Quirinale la mostra sulla Pop Art con più di 100 opere tra cui la famosa Marylin di Wharol e poi Lichtenstein e Jones.
Come anche per il palazzo delle esposizioni, la mostra era molto affollata, ma la disposizione delle opere e il posto stesso permettono una fruzione adeguata della stessa.
L'ultimo giorno, anche se orfani degli amichetti ormai in treno per Torino, siamo andati a vedere i Macchiaioli al Chiostro del Bramante e anche la mostra "Margini - nello spazio dell'arte" che si trova all'ultimo piano del chiostro. Le abbiamo trovate entrambe molto belle, sia per come erano organizzate sia perchè non capita spesso nè di vedere esposti tanti quadri di Fattori, nè dei giovani artisti contemporanei.
L'ultimo sforzo, per così dire, di questi giorni densamente culturali è stato andare a vedere la piece "Il sogno del soldato" di Kaiser Georg al Teatro dei contrari. Trovate qui altre informazioni, per quanto mi riguarda posso dire soltanto che mi è piaciuto molto, ma purtroppo era l'ultima serata e quindi non vi posso nemmeno consigliare vivamente di andarlo a vedere, la prossima volta cercherò di andare alla prima...

mercoledì, ottobre 31, 2007

Ennio Morricone - Roma, Auditorium

Una decina di anni fa, (per essere precisi quasi 9 esatti) andai a vedere il concerto del Maestro all' allora Auditorium di via della Conciliazione. Era un martedì, pioveva, era il suo compleanno e io piansi per quasi tutta la durata del concerto.
C'erano anche Branduardi e Dulce Puentes e.... insomma fu qualcosa di sensazionale, i suoi classici e la musica che scaldava il cuore. Ovvio che deve piacere, ma come fa a non piacerti? E non a caso ci fecero un disco.
Stavolta è stato diverso e non per la pioggia.
Già, perchè quando siamo arrivati all'auditorium avevamo appena vinto i 200 stile, io ero bagnata fino alle ossa e avevo in atto un principio di assideramento nonostante non facesse molto freddo (è tutto molto relativo quando porti addosso tre kg di stracci bagnati).
La prima parte del concerto, in quello che plasson definisce il ventre della balena mentre a me sembra piuttosto il dentro di una tartaruga ninja, non è stato come mi aspettavo.
Non posso dire fosse brutto, ma non stimo molto la musica contemporanea ed è stato come andare ad ascoltare i concerti brandeburghesi e trovarsi di fronte a Schönberg.
Niente di male, solo non ero preparata.
La cantata Voci dal silenzio, per esempio, dedicata a tutte le stragi della storia e scritta dopo l'11 settembre, è pesante, nel senso che rende proprio l'idea, ma non si può intendere come un Morricone classico, come lui stesso dice... questa è musica assoluta ed è diversa dalla musica applicata come chiama invece le sue colonne sonore.
Io voto per la musica applicata.
La seconda parte si chiamava invece Musiche per il cinema. Nelle prime due suite abbiamo ritrovato Bugsy e La Città Della Gioia, nella terza la prima assoluta di Sicilo e altri frammenti, prontamente rinominata "partitura per sassi e orchestra" e poi Mission e non aggiungo altro se non che è stata una di quelle situazioni in cui ho avuto la certezza dell'esistenza di Dio.
Non pago di tutto questo al primo bis ha anche fatto Sacco e Vanzetti, non cantava Joan Baez, ma andava benissimo comunque per farmi ricordare il mio mangiadischi verde pisello che lo suonava in continuazione quando ero piccola. (Questa è la mia canzone preferita in assoluto).
A quel punto ero ancora fradicia, congelata e con le articolazioni doloranti, ma andando a casa camminavo a tre metri da terra e non solo perchè stupendoboy mi aveva prestato il mantello, ma perchè i concerti di Morricone restano uno di quelle cose per le quali vale la pena vivere.
Here's to you Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph!

martedì, ottobre 30, 2007

Paolo Nutini - These Streets- recensore esterno Gonzotech

Avete presente quando qualche giorno, magari il lunedì mattina al lavoro, avete bisogno di qualcosa di allegro e spiritoso che vi tiri su?
Beh oggi m’è capitato e mi sono ricordato di una canzoncina ascoltata su MTV qualche giorno fa di un certo Paolo Nutini…
Mi sono detto: “quasi quasi vado a fare una ricerchina su youtube prima che mi arrivi un mega padulo dal manager!” e dopo poco “wow è questa!! New shoes!” ed ora, come al solito, il ritmo coinvolgente ed il video allegro mi ha tirato su il morale.
Swing piuttosto brit-soul e testo che dice “va bene così”, un po’ alla Kinsella, mi hanno sollevato e mi sono ritrovato a tenere il ritmo con il piede e la testa (non che sbatta la testa contro la scrivania o il pavimento… semplicemente faccio un po’ a destra, poi a sinistra tenendo il ritmo).
L’album, These Streets, ha una vena piuttosto differente rispetto a New shoes e Nutini sembra un artista promettente: vent’anni, scozzese, in appena due settimane dalla pubblicazione di Last Request, il suo primo e più conosciuto singolo, è arrivato al quinto posto nella classifica dei singoli in UK e l'album ha fatto ancora meglio, piazzandosi direttamente in terza posizione.
Insomma, alla Gonza Bassa non è piaciuta tanto (lei va sul metallo pesante), però ascoltatela… soprattutto se vi piace il rock-soul un po’ alla Ben Harper.

lunedì, ottobre 29, 2007

Freakonomics, Rampini e Internazionale

Come già detto, il mio secolare problema nella comprensione dell'economia e del modo migliore di guadagnare dei soldi mi spinge a cercare di capire il più possibile il mondo che mi circonda. Questa volta ho cominciato da Freakonomics, libro di Levitt e Dubner che utilizzano l'approccio eonomico per affrontare discorsi che di economico hanno proprio poco, per esempio: se lo spaccio renda molti soldi perchè gli spacciatori di crack (e non solo loro) vivono ancora a casa con la mamma, oppure quali sono le similitudini tra i meriti accademici ed i lottatori di sumo, o tra il successo sul lavoro e il nome che portate.
Dette così potrebbero sembrare un'accozzaglia di idiozie, ma non è affatto questo il caso.
Come anche ne L'economista mascherato, qui si arriva al cuore puro dell'economia, alle leggi che indicano inferenze statistiche che possono essere applicate, alla stregua di regole, al mondo reale non solo all'andamento monetario. Una su tutti: il crimine è sceso negli Stati Uniti circa una quindicina d'anni dopo che nel primo stato americano si permise l'aborto.
Fate attenzione comunque a non tacciare di razzismo un libro che mette in luce delle correlazioni statistiche solo perchè quello che emerge non vi piace. L'economia informa su come va il mondo, non su come noi vorremmo che funzionasse.
E riguardo a questo mi collego ai libri di Rampini, il cui contenuto, personalmente, mi ha spaventato, non solo per la completa assenza di democrazia e di tutela dei lavoratori da parte degli oligarchi cinesi, ma anche per la cecità e mancanza di intelligenza e lungimiranza del modo in cui, a partire da noi per finire agli stati uniti, molti dei paesi industrializzati stanno cercando di contrastare la crescita delle cosidette tigri asiatiche.
Credo che sia importante tenere sempre gli occhi aperti sul mondo piuttosto che sul nostro piccolo orticello e dopo questo tuffo nell'estremo oriente mi sono riproposta di leggere ogni venerdì l'Internazionale, affascinante settimanale con il meglio dalle testate di tutto il mondo, giusto per non perdere di vista il fatto che se siamo Roma, Lazio-Italia, siamo anche Europa e quindi mondo, e se il pazzo attacca anche l'Iran, non saranno problemi limitati a Baghdad neanche stavolta.
Dopo tutta questa immersione culturale mi è comunque chiaro che l'unico modo che ho io di mettere da parte dei soldi è di stare il più lontano possibile da qualsiasi tipo di libreria.

mercoledì, ottobre 24, 2007

Rachel's holiday - Marian Keyes - regalo gonzico

Excusatio non petita: probabilmente con questa recensione faro' impallidire la parte più raffinata ed intellettivamente sveglia dei lettori gonzici…(tutti scrivente esclusa quindi...), ma non posso e non voglio omettere di segnalarvi la mia ultima lettura.
Qualche giorno fa, a casa GonzaBassa adocchio in una pila enorme di tascabili pronti per la migrazione verso la magione in campagna, il Mio tascabile, quello che dopo avere letto diverse recensioni a riguardo e rimandato di libreria in libreria il suo acquisto, ("Si, sarà carino, ma dai…mi manca solo l'ombrellone e l'occhiale finto Gucci poi…") non mi ero ancora decisa a prendere, temendo fosse una versione irlandese dell'orrida Kinsella.
E me ne sono staccata ieri ringraziando il Cielo di essere in metro, perché quasi quasi ci spargevo anche qualche lacrima.
Intendiamoci, io sono un poco uterina recentemente e Rachel's holiday E' un chick flick, un libro per ragazze, facilone in molte parti e forse eccessivamente diluito.
Ma, a differenza di romanzetti dove la cosa fondamentale è la scarpa da abbinare al vestito, quante volte la protagonista si sollazza econ chi…questa novel ha qualcosa da dire e lo dice bene!
La storia è quella di Rachel Walsh (una delle sorelle su cui la Keyes costruisce diversi romanzi), una giovane irlandese a New York, che al principio del romanzo viene ricoverata di urgenza per una lavanda gastrica causata da "un'eccessiva quantità di sonniferi" misti ad altro.
Riportata a forza in Irlanda, "denunciata" dalla migliore amica e lasciata da Luke, il fidanzato, Rachel viene inserita dai genitori a Cloisters, una comunità terapeutica di Wicklow, che lei crede essere un trendissimo rehab center frequentato da celebrità e quindi una vacanza.
Ci vorrà tutto il libro, che parte faceto e via via si fa più serio (senza perdere un certo qual crudo umorismo irish), perché Rachel capisca di non essere affatto dove crede e realizzi di avere davvero "qualche " problema con la droga, traformando se stessa e rivedendo le sue relazioni.
Un libro che scorre velocissimo, magari un po' ripetitivo in alcuni passaggi, ma divertente. Non credo sia stato ancora tradotto e se lo è mi scuso, ma non ho capito da chi e come.
Se vi va di evadere o avete una qualsiasi dipendenza (anche dagli Smarties) è l'ideale.

lunedì, ottobre 22, 2007

La vostra ballerina gira in senso orario o antiorario?

Un piccolo test, di quelli che ci piacciono tanto QUI!!

giovedì, ottobre 18, 2007

To the one who knows: A Valediction: forbidding mourning
J. Donne

As virtuous men pass mildly away,
And whisper to their souls, to go,
Whilst some of their sad friends do say,
The breath goes now, and some say, no:

So let us melt, and make no noise,
No tear-floods, nor sigh-tempests move,
’Twere profanation of our joys
To tell the laity our love.

Moving of th'earth brings harms and fears,
Men reckon what it did and meant,
But trepidation of the spheres,
Though greater far, is innocent.

Dull sublunary lovers’ love
(Whose soul is sense) cannot admit
Absence, because it doth remove
Those things which elemented it.

But we by a love, so much refin’d,
that our selves know not what it is,
Inter-assurèd of the mind,
Care less, eyes, lips, and hands to miss.

Our two souls therefore, which are one,
Though I must go, endure not yet
A breach, but an expansion,
Like gold to aery thinness beat.

If they be two, they are two so
As stiff twin compasses are two,
Thy soul the fixed foot, makes no show
To move, but doth, if th’other do.

And though it in the center sit,
Yet when the other far doth roam,
It leans, and hearkens after it,
And grows erect, as that comes home.

Such wilt thou be to mee, who must
Like th’other foot obliquely run;
Thy firmness makes my circle just,
And makes me end, where I begun.

lunedì, ottobre 15, 2007

INFORMAZIONI:
- Oggi è il Blog Action Day, che prevede che i blogger appoggino una campagna di promozione e salvaguardia ambientale, le vostre gonze ovviamente non si tirano indietro e per scrivere due righe sull'ambiente ci limitiamo a sperare che bush non faccia troppi danni nel tempo che gli rimane, siamo entusiaste del nobel a Gore e soprattutto ci aspettiamo che la Cina, in previsione delle prossime Olimpiadi, si renda conto del disastro che sta combinando a cominciare dalle sue dighe.
In Italia in tanto sono state pubblicate le classifiche dell'ambiente urbano e sembra utile trasferirsi a Belluno o all'isola che non c'è. Unica buona notizia, oggi comincia la programmazione di Nat Geo Music, il canale che serviva ora c'è, peccato non avere sky.

- Sempre oggi è il nostro secondo bloggheanno, quindi ci facciamo gli auguri e ringraziamo tutti i lettori passati, presenti e futuri e i nostri vari recensori esterni. Con voi è tutto più bello!

domenica, ottobre 14, 2007

Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia e The Swingle Singers
Direttore Antonio Pappano - Rrecensore esterno YARI
Programma:
Luciano Berio (Oneglia, 1925 – Roma, 2003)
Sinfonia per otto voci e orchestra - 35’
Giacchino Rossini (Pesaro, 1792 – Passy (Parigi), 1868)
Stabat Mater per soli, coro e Orchestra – 1h e 10’

Emma Bell soprano
Sonia Ganassi mezzosoprano
Lawrence Brownlee tenore
Shen Yang basso
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia
Maestro del coro Norbert Balatsch
Direttore Antonio Pappano


Dentro la pancia della balena/astronave I
Insomma, per farla breve, è andata che ho trovato il modo di fare l’abbonamento, ad un prezzo ragionevole, all’intera stagione sinfonica dell’Accademia di S. Cecilia e, su gonzica richiesta, l’idea sarebbe quella di cercare di buttare giù qualche riga ad ogni appuntamento.
Non so fare premesse o quant’altro, quella è roba da chi se ne capisce davvero, io di tutto st’insieme di note ho capito solo una cosa, è assolutamente come con i libri e con il leggere, la stessa cosa, nessuno ti può costringere, niente ti ci può portare se tu non vuoi, è un viaggio che bisogna fare da soli fino ad affinarne una sorta di bisogno, è tutto legato a quello che arrivi a sentire: stringimenti di cuore, sentimenti e piccole felicità. E basta.
Si parte bene quest’anno, per l’inaugurazione è stato scelto uno di quei mix che piacciono tanto al direttore Antonio Pappano : la prima parte di programma è dedicata alla musica ‘moderna’ di Berio mentre la seconda parte si affida alla maestria di Rossini. Lo scopo è palese, forzare l’ascolto della prima, attraverso il richiamo della seconda.
Onestamente devo dire che io la musica classica ‘moderna’ non la amo particolarmente, il problema è tutto nelle basi, la musica è un linguaggio dai molti livelli e mentre della musica classica ‘classica’, lo so è fastidiosa sta cosa, ma non so dirlo meglio, possiedo elementi di grammatica derivanti dall’ascolto e da una qualche passata esperienza di pesudo-musicista, la musica classica ‘moderna’ che questa grammatica, tanto per cominciare, se l’è reinventata (d’altronde non poteva essere diversamente, visto che quando Berio scriveva sul pentagramma fuori era il 1968 con tutto quello che ne consegue), mi lascia come davanti ad una pagina scritta in ideogrammi…non so davvero da che parte iniziare.
Detto ciò, sarà forse perchè era un ciantafurche (nome degli abtanti di Oneglia) ma questa sera, devo ammettere, che la sinfonia di Berio dal terzo movimento in avanti mi è pure piaciuta, ma pensa te. Forse perché è, volutamente, riassuntivamente sperimentale nel senso che tenta nuove strade piegando vecchie forme a nuove dimensioni. Nel terzo movimento ad esempio, c’è un tema portante ripreso da Mahler che viene mostrato, nascosto, decomposto, masticato e poi rigurgitato in diversi modi. L’uso delle voci umane, considerate alla stregua di strumenti come gli altri, se pur stordente, ha in questo pezzo geniali intuizioni. Detto ciò, molto del mio giudizio positivo dipende dal fatto che mi aspettavo il peggio da questa parte. I Swingle Singers sono un’Ensamble fenomenale (odio le parole francesi ma come lo si dice in italiano un coro che non è un coro? E nemmeno un insieme di solisiti, ma una via di mezzo???) estrazione jazz, purezza di timbro e precisione nei tempi micidiale, bravissimi.
Ci sarebbero mille altre cose da raccontare, di come, ad esempio, il secondo movimento derivi dalla scomposizione del nome di Martin Luther King e di come impazzino sino quasi a sembrare un rap ante litteram le citazioni del grande antropologo Levi-Strauss…ci rinuncio e vado avanti.
Giuro, dello Stabat Mater ho capito che mi sarebbe piaciuto dalle prime 10 battute. Il genio è già tutto lì, come spesso accade, in quella formula magica che ti prende dal tuo secolo, dai tuoi casini, dalle tue sciocchezze e ti sbatte ai piedi di una croce a veder morire tuo figlio con gli occhi di Maria.
Emma Bell è bellissima nel suo vestito bianco ed è anche davvero brava, sarebbe da invitare a cena solo per sentirla leggere il menù, degli uomini ho preferito il basso al tenore (ma mi accade spesso a meno che i tenori non siano davvero bravi) mentre per quanto riguarda Sonia Ganassi il timbro la relega , quasi sempre, ad un ruolo di piano inferiore rispetto ai soprani, che forse non meriterebbe.
Non mi soffermo sulla partitura è bellissima e se uno ha un minimo di curiosità per queste cose io penso che sia da ascoltare subito. Dirò solo che il finale in fuga mi è piaciuto tantissimo, ma con le fughe mi si frega sempre e quindi non faccio testo. Vorrei essere in grado di dire come è stata eseguita, ma so già che non ci riuscirò, hanno suonato in modo emozionante. L’anno scorso avevo notato che Pappano faceva rendere al meglio l’orchestra soprattutto nelle parti veloci e ritmate (Mozart, Chaikovski ecc ecc) ma non incantava nelle parti piene di colori e di temperature diverse forse per paura di abbandonarsi ad un lirismo fuori luogo. Oggi invece è stato proprio nelle parti recitate o quasi sussurrate il punto di forza dell’esecuzione, nell’attenzione, nella sottile delicatezza delle scelte di punteggiatura che hanno fatto rendere al meglio qualcosa di suo, già molto vicino alla perfezione. In sostanza è come se l’orchestra fosse migliorata durante questa pausa estiva e l’avesse voluto dimostrare subito ai blocchi di partenza della stagione. Il coro, come sempre, è come un solista a cui esce l’assolo, come un ciclista che vince una tappa in solitaria, degno di nota e di un applauso speciale.
Le cose vanno coltivate, quando piacciono, quando danno se non felicità, almeno emozioni. So che la musica classica non viene solitamente associata ad emozioni diverse da quelle che portano dritto per dritto al sonno, ma io, per quanto vale, garantisco una cosa, è il caso di dargli una possibilità, perché se poi per fortuna si capita in poltrona, in una giornata come questa, è facile che se ne voglia ancora, sino a non smettere più.